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Mo: imbottigliare Coca Cola per palestinesi, una storia di successo aziendale

27 febbraio 2015 | 11.59
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Fondata a metà degli anni Novanta, la Nbc vanta un fatturato di 100 milioni di dollari e 400 dipendenti. La sua è una sfida di mercato e contro l'embargo israeliano e le guerre.

La distribuzione della Coca Cola nei Territori Palestinesi - Fonte: pagina Facebook Nbc
La distribuzione della Coca Cola nei Territori Palestinesi - Fonte: pagina Facebook Nbc

Quattrocento dipendenti e cento milioni di dollari di fatturato. Sono questi i numeri del successo della Palestinian National Beverage Company (Nbc), un'azienda nei Territori palestinesi che si occupa dell'imbottigliamento della Coca Cola e che copre l'86 per cento del mercato locale delle bevande gasate. Un successo che va dalla sfida agli attacchi missilistici e all'embargo imposto da Israele, passando attraverso la consegna delle bottiglie sul dorso di asini per evitare i posti di blocco dell'esercito israeliano. Solo lo scorso anno, durante i 51 giorni di guerra tra Hamas e Israele, un razzo ha colpito un magazzino a Gaza distruggendo più di 20mila bottiglie.

Fare affari in Palestina "non è per i deboli di cuore", ha dichiarato Zahi Khouri, uno dei tre fondatori della Nbc, originario di Jaffa. Ma "ogni area di conflitto presenta molte opportunità e noi abbiamo approfittato di questa", ha aggiunto. Khouri, oggi settantenne, aveva 19 anni quando arrivò in Germania come rifugiato palestinese, dopo che la sua famiglia era già fuggita in Libano. Con appena 200 dollari in tasca, il giovane ha dato il via a una serie di fortunate iniziative imprenditoriali e ricoperto ruoli dirigenziali in Arabia Saudita e negli Stati Uniti, prima di creare una fabbrica di imbottigliamento di Coca Cola nella sua patria a metà degli anni 1990.

Con impianti in tutta la Cisgiordania, tra cui siti di imbottigliamento a Ramallah, Gerico e Tulkarem, l'azienda, spiega Khouri, si trova ad affrontare diversi problemi, come le restrizioni imposte alla circolazione delle persone, dei prodotti e dei servizi. "C'è un problema a ricevere (il personale dalla, ndr) diaspora, che ha passaporti stranieri", ha detto Khouri. "Abbiamo un problema nell'importazione delle materie prime. Portiamo lo stesso prodotto Coca-Cola di Israele, ma il nostro rimane molto più a lungo al porto o alla dogana", ha aggiunto.

Inoltre "tutto è soggetto alla loro (degli israeliani, ndr) approvazione", ha detto Khouri. "Per estrarre acqua bisogna chiedere la loro approvazione. Per utilizzare Internet bisogna avere la loro approvazione. Per utilizzare un ponte, un aeroporto o un porto serve la loro approvazione'' e ''questo ci mette in una posizione svantaggiata rispetto ai paesi vicini", ha lamentato.

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