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Libano: un anno senza presidente, per Suleiman è un 'crimine'

25 maggio 2015 | 14.28
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Per 23 volte nulla di fatto in Parlamento per l'elezione del successore di Michel Suleiman. Pesano le ripercussioni della guerra in Siria.

L'ex presidente libanese Michel Suleiman
L'ex presidente libanese Michel Suleiman

Un anno senza un presidente. "E' un crimine". Il palazzo presidenziale di Baabda, sulle colline che dominano la capitale libanese Beirut, è vuoto da un anno: era il 25 maggio del 2014 quando scadeva il mandato di sei anni dell'ex presidente della Repubblica libanese Michel Suleiman. Da allora i leader politici rivali del Paese dei Cedri non sono riusciti a raggiungere un accordo per eleggere il successore.

Dal 24 marzo dello scorso anno per 23 volte in Parlamento è stata fumata nera. Per eleggere il successore di Suleiman, che in base ai delicati equilibri confessionali del Libano deve essere un cristiano maronita, è sufficiente la maggioranza semplice, ma da mesi i parlamentari non riescono a votare a causa del boicottaggio di Hezbollah e della Libera corrente patriottica di Michel Aoun, che punta alla presidenza.

La coalizione delle Forze del 14 Marzo, quella dell'ex premier Rafiq Hariri, sostiene la candidatura del leader delle Forze libanesi Samir Geagea, mentre il gruppo capeggiato dal druso Walid Jumblat appoggia Henri Helou. Un anno senza un presidente è un "crimine", ha tuonato Suleiman in un'intervista al quotidiano Al Sharq Al-Awsat .

"Ci sono forze politiche che vogliono far credere all'opinione pubblica che l'assenza del presidente non influisca sulla vita politica del Paese", ha detto l'ex capo di Stato, convinto che la scelta del suo successore sia "ostacolata dalla posizione dei candidati riguardo i combattimenti al di fuori del territorio libanese", con un chiaro riferimento alla guerra in Siria dove i miliziani del movimento sciita Hezbollah - storicamente sostenuto dall'Iran - combattono al fianco delle forze del regime di Bashar al-Assad.

Il presidente del Parlamento, l'inamovibile sciita Nabih Berri, ha parlato di un "fallimento di tutti i partiti politici e blocchi parlamentari" e, in dichiarazioni riportate dai media locali, ha affermato che "oggi né il governo né il Parlamento funzionano come dovrebbero".

Il Libano che subisce le conseguenze dirette e indirette del conflitto nella vicina Siria è paralizzato da una crisi istituzionale, che molti osservatori non ritengono sia possibile superare in tempi brevi. L'analista politico Georges Alam ha ricordato come le divisioni politiche in Libano siano "legate alla crisi siriana, al ruolo di Hezbollah nella regione e ad altri fattori, come la questione dei rifugiati siriani" nel Paese dei Cedri, che sono più di un milione su una popolazione di quattro milioni di abitanti.

Per Alam, non solo è "impossibile" distinguere la crisi interna dalla situazione nella regione, ma a "complicare" la situazione c'è il "legame tra gli attori locali e le principali potenze nella regione, l'Arabia Saudita e l'Iran", storico sostenitore di Hezbollah. "La situazione - ha detto all'agenzia di stampa Xinhua - è ancora più complessa a causa della crisi in Yemen", dove Teheran è accusata di sostenere i ribelli Houthi (sciiti) contro cui è intervenuta la coalizione sunnita guidata dall'Arabia Saudita.

Un appello ai leader politici rivali di Beirut affinché eleggano presto il successore di Suleiman è arrivato dal coordinatore speciale Onu per il Libano, Sigrid Kaag.

"Nell'ultimo anno il vuoto alla presidenza ha compromesso la capacità del Libano di rispondere alle sfide economiche, sociali e in materia di sicurezza - si legge in una nota - e ha contribuito alla divisione politica in un momento in cui il Libano deve fare un unico sforzo per salvare il Paese dalle ripercussioni della crisi siriana".

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