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Iran: riformisti puntano a controllo Parlamento, venerdì il ballottaggio

27 aprile 2016 | 14.40
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Iran: riformisti puntano a controllo Parlamento, venerdì il ballottaggio

Si rinnova il duello tra riformisti e conservatori in Iran. Venerdì i due principali schieramenti politici si sfideranno nel ballottaggio delle elezioni parlamentari. Restano ancora da attribuire, infatti, 68 dei 290 seggi del Majlis (il Parlamento iraniano), l'organo legislativo della Repubblica islamica. La legge elettorale iraniana prevede che si vada al ballottaggio nelle circoscrizioni in cui nessuno dei candidati abbia superato al primo turno la soglia del 25%.

L'esito del ballottaggio di venerdì è incerto, anche se secondo alcuni osservatori è probabile che si confermi la tendenza emersa al primo turno, che si è tenuto lo scorso 26 febbraio in concomitanza con le elezioni per il rinnovo dell'Assemblea degli Esperti, e che ha visto un'affermazione, seppur non netta, del fronte riformista.

Secondo il sito 'Majlis Monitor', i riformisti hanno conquistato 80 seggi, i conservatori 64, mentre 73 seggi sono andati ai cosiddetti 'indipendenti', che diventano il vero e proprio ago della bilancia dei futuri equilibri del nuovo Majlis. Cinque seggi sono assegnati per legge alle minoranze religiose.

Al primo turno il fronte riformista è riuscito a capitalizzare in termini elettorali lo storico accordo sul nucleare con le potenze mondiali e la conseguente revoca delle sanzioni che per anni hanno soffocato l'economia del Paese, centrando un risultato storico. Soprattutto se si fa un confronto con l'esito delle precedenti elezioni parlamentari che sancirono il dominio incontrastato dei conservatori. L'apice è stato toccato a Teheran. Nella capitale i riformisti-moderati della 'Lista della Speranza' hanno fatto l'en plein conquistando 30 seggi su 30. I conservatori, invece, hanno retto nel resto del Paese.

Il dato politico indiscutibile, a prescindere dall'esito del ballottaggio, è che i nuovi rapporti di forza all'intero del Majlis appaiono più favorevoli al presidente Hassan Rohani. Il Parlamento uscente, infatti, era dominato dalle forze conservatrici, che hanno fatto il possibile per ostacolare l'azione politica del governo.

L'ultimo caso risale a pochi giorni fa, quando il Majlis ha approvato una legge che cancella in un colpo solo i sussidi in denaro a 24 milioni di persone, eredità dell'ex presidente Mahmoud Ahmadinejad. La notizia - come riportato dai media locali - ha scatenato la furia dell'esecutivo. Ecco perché un Majlis più equilibrato, anche qualora i riformisti non dovessero conquistare la maggioranza, significa un terreno politico meno accidentato per Rohani, arrivato quasi all'ultimo anno di mandato.

Il duello tra riformisti e conservatori è tra due visioni contrapposte dell'Iran del futuro. I primi, fautori di una politica pragmatica, intendono proseguire sulla strada dell'apertura all'Occidente, convinti che solo corposi investimenti stranieri possano rimettere in moto un'economia al palo e salvare la Repubblica islamica, che sotto Ahmadinejad ha sfiorato il collasso.

I conservatori, al contrario, sono ostili al dialogo con gli occidentali e in particolare con gli Usa, che considerano ancora il 'Grande Satana', e accusano il governo di aver ceduto alle richieste del gruppo 5+1 (Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania) sul nucleare. Forti del gradimento della Guida Suprema, Ali Khamenei, tenteranno in ogni modo di ostacolare le riforme di Rohani.

Secondo i dati forniti dal ministero dell'Interno, alle elezioni del 26 febbraio si sono recati ai seggi circa 34 milioni di elettori, ovvero il 62%. L'affluenza è stata più o meno in linea con quella delle precedenti consultazioni per il rinnovo del Majlis.

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