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Pakistan: una croce di 42 metri a Karachi per i cristiani perseguitati

16 maggio 2015 | 18.05
LETTURA: 4 minuti

L'iniziativa di un businessman pachistano, che dice di aver ricevuto in sogno da Dio l'indicazione a "fare qualcosa di diverso". In costruzione all'ingresso del più grande cimitero cristiano della città, grazie alle tonnellate di acciaio, ferro e cemento utilizzate, sarà "antiproiettile".

L'immagine della croce in costruzione a Karachi - (Washington Post)
L'immagine della croce in costruzione a Karachi - (Washington Post)

Non sarà la più alta al mondo, ma per i cristiani di Karachi la croce in costruzione all'ingresso del maggiore cimitero cattolico della città è un simbolo di pace e di speranza. Quarantadue metri di altezza e 12 di larghezza, la più imponente dell'Asia, sorge in un paese, il Pakistan, in cui il 90% della popolazione è di fede musulmana e i cristiani rappresentano una minoranza perseguitata. "La croce sarà il simbolo di Dio e tutti coloro che la guarderanno si sentiranno sollevati", ha detto al "Washington Post" l'ideatore del progetto, il 58enne uomo d'affari pakistano, di religione cristiana, Parvez Henry Gill. Ma l'iniziativa non è tutta sua: è stato il Signore a suggerirgli quest'opera in sonno e a richiedergli "qualcosa di diverso", scrive il giornale.

E così, dopo quattro anni di idee e tentativi, l'anno scorso il via ufficiale, per quella croce "più alta di tante altre al mondo, nel cuore di un paese musulmano". Nella parte meridionale della città di Karachi, tra acciaio, ferro e cemento, il lavoro degli operai è febbrile e risalta contro il silenzio del secolare cimitero di Gora Qabaristan, che si stende col suo groviglio di tombe e statue centenarie, alle spalle della croce.

Un luogo tutt'altro che simbolico. Costruito all'epoca della dominazione inglese del Pakistan, ospita oggi i cristiani in fuga da Karachi, spaventati da una persecuzione feroce e capillare. Un vero e proprio insediamento, che ha coperto decine di tombe. Ed è a loro, così come a tutti i cristiani pakistani, che Gill guarda con speranza, perché possano "indirizzare lo sguardo alla croce e decidere di rimanere in Pakistan".

Manager di successo, Gill ha promesso che sarà lui stesso, assieme al padre 97enne e ai suoi due figli maschi, a farsi carico dei costi per la costruzione della croce, qualunque sia il conto. Pagherà lui le tonnellate di ferro, acciaio e cemento necessari per alzare la struttura e sempre a suo carico sarà la spesa per la manodopera.

Al suo sogno, contribuisce una infatti schiera di operai cristiani e musulmani. Erano cento l'anno scorso, quando la costruzione è partita, ma nessuno di loro sapeva precisamente a che cosa stavano lavorando. Quando la croce ha iniziato a prendere forma, 20 operai musulmani hanno levato la loro proteste, ha raccontato Gill, ma oggi operai di fedi diverse lavorano insieme a questo stesso progetto. Una croce "antiproiettile", scherza, riferendosi alle tonnellate di acciaio e cemento utlizzate, "se qualcuno cercasse di abbatterla, non ci riuscirebbe", dichiara orgoglioso.

E per la sua inaugurazione, il businessman ha già pensato a una cerimonia grandiosa alla quale vorrebbe invitare Papa Francesco, il premier pakistano Nawaz Sharif, la regina Elisabetta d'Inghilterra e l'ex segretario di Stato americano Hillary Clinton. "Non so però se ci saranno", ha ammesso Gill, sicuro che, comunque, non mancheranno i cristiani assediati del Pakistan. "Dopo aver visto la croce - ha concluso - ci saranno riconoscenti per il lavoro fatto".

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