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Pakistan: esecuzione sospesa per proteste, prima di un civile in 6 anni

17 settembre 2014 | 13.02
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Pakistan: esecuzione sospesa per proteste, prima di un civile in 6 anni

Le autorità di Islamabad hanno sospeso l'impiccagione di un uomo accusato di omicidio che, se eseguita, sarebbe stata la prima esecuzione di un civile in sei anni in Pakistan. Condannato il 2 luglio 1998 e detenuto nel carcere di Adiyala a Rawalpindi, Shoaib Sarwar avrebbe dovuto essere giustiziato tramite impiccagione domani. La sentenza era stata duramente contestata da gruppi nazionali e internazionali in difesa dei diritti umani, tra cui Human Rights Watch e Amnesty International, che avevano rivolto un appello a Islamabad per una moratoria della pena di morte. In cambio, le autorità hanno deciso di rinviare di un mese l'esecuzione, come ha spiegato una fonte carceraria a condizione di anonimato all'agenzia di stampa Dpa.

Di fatto, in Pakistan era in vigore da fine 2008 una moratoria delle esecuzioni di civili. Da allora solo un soldato è stato impiccato nel 2012 dopo essere stato condannato dalla Corte marziale, come rende noto il ministero degli Interni. Ci sono comunque almeno ottomila detenuti nel braccio della morte in Pakistan, dove sono sempre state respinte le richieste di appello.

Appello Hrw per abolizione definitiva pena capitale

Il governo del primo ministro Nawaz Sharif aveva però annunciato che avrebbe ripreso le impiccagioni una volta salito al potere nel giugno del 2013, ma da allora nessuna pena capitale è stata eseguite. La moratoria sulla pena capitale è una condizione posta dall'Unione Europea per accordi preferenziali di commercio, ha reso noto un funzionari del ministero del Commercio chiedendo l'anonimato. ''Se dovesse avvenire (l'esecuzione, ndr) perderemmo grandi ordini dell'export'', ha spiegato alla Dpa.

''Il governo dovrebbe dichiarare una moratoria ufficiale, commutando tutte le condanne a morte esistenti e unendosi alla tendenza internazionale di abolire la pena di morte una volta per tutte'', ha dichiarato Brad Adams, direttore di Hrw per l'Asia.

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