E' necessario procedere con l'embargo sulle armi in Sud Sudan. Lo sostiene Valerie Amos, responsabile Onu per gli Affari umanitari, condividendo le crescenti richieste della comunità internazionale per azioni contro il Paese, dove da due anni è in corso una guerra civile. ''Se non ci sono armi, per la gente sarà più difficile combattere, la pace arriverà prima e potremo portare più aiuti alla gente che ne ha disperatamente bisogno'', ha detto Amos in un'intervista al Guardian al termine di una visita di tre giorni in Sud Sudan insieme alll'inviato di pace dell'Unesco Forest Whitaker.
Un embargo sulle armi colpirebbe sia il governo del presidente Salva Kiir, sia i ribelli dell'opposizione guidati dall'ex vicepresidente Riek Machar. Entrambe le parti sono accusate di crimini di guerra dall'esplosione del conflitto nel dicembre del 2013. Si stima che decine di migliaia di persone siano state uccise e milioni di cittadini sono stati costretti ad abbandonare le proprie abitazioni. Secondo le organizzazioni umanitarie ci sono circa 2,5 milioni di persone che rischiano le conseguenze di una carestia.
Amos ha quindi accusato entrambe le parti in conflitto di abuso di diritti umani e ha espresso timore per la ''crisi economica'' nel Paese. ''E' un Paese che dipende dal petrolio e abbiamo visto dimezzata la sua produzione'', ha avvertito. Dopo l'incontro con il presidente Salva Kiir e molti suoi ministri a Juba, Amos ha detto che "il governo non vuole ammettere che 2,5 milioni di persone hanno gravi carenze alimentari''.
Amos ha quindi chiesto alla comunità internazionale di adottare un atteggiamento ''più interventista'' verso i conflitti globali, ma chiede cautela rispetto al coinvolgimento militare. ''Dobbiamo proteggere i civili'', ha sottolineato, spiegando che ''non intendo l'ammasso di truppe di un Paese su un altro quando parlo di interventismo''.
