Le uccisioni comprendono decapitazioni, lapidazioni ed esecuzioni con armi da fuoco. Tra le vittime si contano civili, militari del regime, militanti di gruppi rivali e membri dell'Is accusati di tradimento dopo aver tentato di fuggire o accusati di essere spie
I jihadisti del sedicente Stato islamico (Is) hanno ucciso almeno 2.154 persone in Siria in circostanze non legate a combattimenti, da giugno dello scorso anno, quando hanno proclamato il loro califfato tra Siria e Iraq. E' il bilancio degli attivisti dell'Osservatorio siriano per i diritti umani, i quali spiegano che le uccisioni comprendono decapitazioni, lapidazioni ed esecuzioni con armi da fuoco.
Tra le vittime si contano civili, militari del regime, militanti di gruppi rivali e membri dell'Is accusati di tradimento dopo aver tentato di lasciare l'organizzazione o accusati di essere spie. Almeno 930 delle vittime erano membri della tribù sunnita al-Sheitaat, avversa all'Is. Il bilancio non comprende invece i giornalisti stranieri uccisi dai jihadisti, né il pilota giordano bruciato vivo all'inizio dell'anno.
L'Is ha giustificato gran parte di queste uccisioni con l'applicazione della sharia, vale a dire del diritto islamico, da parte dei tribunali che ha istituito in varie città sotto il suo controllo. "Continuiamo a chiedere al Consiglio di Sicurezza dell'Onu - si legge in un comunicato dell'Osservatorio - un'azione urgente per fermare gli omicidi in corso contro i figli del popolo siriano, nonostante la sordità dei suoi membri alle urla di dolore della popolazione".