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Arte: 25 anni senza Keith Haring, la sua arte semplice stroncata dall'aids

16 febbraio 2015 | 17.42
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La 'Popular art', ossia l'arte per tutti, è stata la filosofia artistica di Keith Haring. "La mia opera funziona così bene con il pubblico perché non è così difficile da esaminare per chi non ha idee preconcette riguardo a ciò che si suppone sia o non sia arte - affermò Haring in una intervista- Tutte le mie idee si basano su questa concezione molto semplice dell’arte"

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Sono passati 25 anni da quando Keith Haring, tra gli esponenti più singolari del graffitismo di frontiera, moriva a New York stroncato dall'Aids a soli 32 anni. La 'Popular art', ossia l'arte per tutti, è stata la filosofia artistica di Keith Haring. " La mia opera funziona così bene con il pubblico perché non è così difficile da esaminare per chi non ha idee preconcette riguardo a ciò che si suppone sia o non sia arte - affermò Keith Haring in una intervista- Tutte le mie idee si basano su questa concezione molto semplice dell’arte".

Figlio della cultura dei fumetti, condita dalle influenze dei pittogrammi giapponesi e dalle distorsioni di Picasso, Keith Haring iniziò intervenendo con un gesso bianco sulla carta nera che copriva i manifesti 'scaduti' nelle stazioni della metropolitana di New York (1981), che furono il suo atelier e la sua esposizione permanente. "Probabilmente c’è un 20% di intuizione, un 20% di esperienza e forse un 60% di probabilità -diceva Keith Haring- Cerco di attenermi a un senso complessivo della composizione e della forma, di mettere i pezzi insieme come in un puzzle o come nella costruzione di un edificio".

Nel 1985 l'artista cominciò a dipingere su tela, incoraggiato da Andy Warhol e Basquiat. Espose i suoi dipinti a New York nella Tony Shafrazi Gallery e le sue sculture di acciaio a vivaci colori alla Leo Castelli Gallery. La consacrazione definitiva venne nel 1986 quando Haring aprì il suo negozio d'arte, il 'Pop Shop', dove erano in vendita gadget e riproduzioni delle sue opere , rese così ancora più accessibili.

"La mia partecipazione all’arte va vista come una performance data la natura pubblica dell’opera - spiegava Keith Haring - Dato che è parte della cultura popolare, era importante imparare come spiegarla, come farsi riprendere in televisione ed essere una figura pubblica. Molte di queste cose mi sono state imposte, ma a un certo punto diventa una responsabilità e non si ha scelta, bisogna arrivare a un compromesso. L’interazione con il pubblico diventa opera nel senso che ha a che fare sia con l’arte che con l’opera stessa".

Infine, l'Aids penetrò l'uomo e l'artista: "All’inizio era divertente rischiare, per poi analizzare la situazione e tornare in carreggiata - spiegava - l'Aids ha rovinato tutto, così come ha cambiato completamente New York. I valori della gente e l’idea di divertimento sono cambiati drasticamente. In un certo senso, questa malattia è il soggetto di tutto quello che faccio".

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