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Mostre: a Pordenone l'Oriente di Pignat tra icona e forma

08 ottobre 2015 | 12.10
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Gianni Pignat
Gianni Pignat

La mostra 'Gianni Pignat - Codici d'Oriente tra icona e forma' si aprirà domani, a San Vito al Tagliamento (Pordenone), nell’Antico Ospedale dei Battuti. La mostra, che chiuderà l'1 novembre è intimamente intrecciata all’edizione 2015 del Festival internazionale di Musica Sacra, di cui è ideale prefigurazione tematica. Promosso dal Centro Iniziative Culturali Pordenone con il Comune di San Vito al Tagliamento, curato dal critico d’arte Giancarlo Pauletto, l'allestimento apre di fatto un percorso di concerti, mostre, seminari ed esperienze sul territorio ispirati alla suggestione 'Da Oriente a Occidente, oltre le frontiere'.

Pignat, classe 1952, dopo essersi laureato in architettura, ha conseguito il diploma d’arte applicata e fotografia presso l’Istituto d’Arte di Udine, dove ha insegnato fotografia. Fotografo di viaggio, è autore di testo e immagini di quattro libri fotografici,'Gracias por venir a Colombia', 'Herat, Afghanistan', 'Sudan', 'Tuol Sleng, Cambogia'. Consultando archivi pubblici e privati in Russia, Messico e Cuba, Pignat. ha inoltre svolto una ricerca documentaria e fotografica su Tina Modotti; ha poi collaborato alla realizzazione di documentari per la televisione francese: 'Une petite pierre', 'Que viva Tina' e 'Goli Otok'. Molte delle sue opere grafiche sono state utilizzate per copertine di libri e manifesti.

Il tema della mostra di San Vito al Tagliamento è un invito a entrare nel confronto Oriente – Occidente nel contesto dei nei grandi cambiamenti che viviamo oggi. Pignat, grande viaggiatore tra luoghi e culture, ha vissuto e vive in questa dimensione senza confini, e la sua arte ne è profonda espressione, riverberandosi nelle articolate possibilità dei materiali che utilizza, trasformando ceramica, vetro e metalli oppure elaborandoli sul piano del design.

Il lavoro artistico di Pignat è volto a una compiuta metaforizzazione della realtà, che nel suo lavoro è continuamente trasferita nell'ordine del ritmo, dell’emblema, dell'icona. "La totalità dell'opera -spiega il curatore Giancarlo Pauletto- si compone di moduli che però vengono trattati come cellule di un organismo, non semplicemente come somma di dati visivi, cioè non secondo una concezione meccanica, ma secondo variazioni spaziali e cromatiche anche minime, che sono tuttavia esattamente ciò che determina nell’insieme la vibrazione dell’opera, la sua vitalità duratura. Nella recente serie ispirata alle modulazioni delle pareti decorate a mosaico, pensiamo a Sant'Apollinare in Classe, o magari alla Pala d'oro di San Marco a Venezia, nulla vi è di fermo o di semplicemente ripetuto, lo stesso irregolare rilievo cromatico che assumono le piccole figure incasellate nei numerosi riquadri, sono un modo assai perspicuo di ottenere una variazione che nega continuamente lo schema di partenza", conclude Pauletto.

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