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Mostre: il ritorno ad Arezzo della Madonna con bambino di Andrea di Nerio

17 novembre 2015 | 16.17
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Particolare della Madonna Sarti di Andrea di nerio
Particolare della Madonna Sarti di Andrea di nerio

“Ritorni è il titolo di un ciclo che ha l’ambizione di promuovere il ritorno a casa di importanti opere d’arte, allontanatesi dal territorio aretino in tempi più o meno lontani, perché possano essere viste da vicino, apprezzate e valorizzate nel loro contesto culturale d’origine”. Così Lucio Misuri, segretario generale della Fondazione Ivan Bruschi, presenta la mostra 'Andrea di Nerio. La Madonna Sarti ad Arezzo', primo appuntamento del Ciclo 'Ritorni', che si terrà in casa Museo Bruschi ad Arezzo dal 2 dicembre al 31 gennaio. Con questa prima esposizione i visitatori potranno avere l’occasione di una visione ravvicinata di un’opera fondamentale per la storia dell’arte di Arezzo: la Madonna con Bambino di Andrea di Nerio, da tempo custodita all’estero dall’antiquario Giovanni Sarti, cortese prestatore alla città in cui fu dipinta. Il dipinto cuspidato raffigura, entro un trilobo, la Vergine in piedi a mezzo busto, con il Bambino in braccio, stagliata su fondo oro, con decorazioni a racemi fogliari incise a mano libera (Quarto/quinto decennio del secolo XIV).

La mostra, promossa dalla Fondazione Ivan Bruschi, con la consulenza scientifica di Carlo Sisi e curata dalla storica dell’arte Isabella Droandi, intende offrire al visitatore non solo la ricostruzione della memoria storica di Andrea di Nerio, oggi riconosciuto come il maestro di Spinello Aretino, ma anche di quello che fu il suo contesto culturale per ripercorrere il linguaggio artistico proprio della scuola aretina del Trecento, in rapporto alla lezione giottesca e alle vicine scuole fiorentina e senese. Attraverso un percorso che, lungo i siti museali della città, mette l’Opera in relazione a quelle attribuite alla sua mano come l’Annunciazione firmata del Museo diocesano, e gli affreschi conservati nella Pieve di Santa Maria, in Duomo e al Museo Nazionale d’Arte Medioevale e Moderna di Arezzo.

“Su questa sensibilità raffinata, intimistica e solenne, che è caratteristica peculiare della pittura di Andrea di Nerio, informata dell’opera di Giotto e degli esiti migliori che suscitò negli artisti delle vicine Siena e Firenze - da Pietro Lorenzetti a Bernardo Daddi e Maso di Banco, fino al giottesco ‘irregolare’ Buffalmacco - si formò una generazione di pittori locali di buon livello", racconta la curatrice Isabella Droandi. E questo vale anche per "il giovane Spinello, nato tra il 1346 e il 1352 e morto nel 1410, che divenne il più celebre e attivo pittore toscano tra la fine del secolo e l’inizio del successivo, già agli albori del Rinascimento", ricorda Droandi.

"Se gli affreschi ritrovati nel tempo ad Arezzo sotto vecchi intonaci e imbiancature sovrapposte sono rimasti almeno in parte al loro posto, lo stesso destino non è toccato alle opere di natura mobile come i dipinti su tavola- spiega ancora la curatrice- Il gusto antiquariale del collezionismo sette-ottocentesco, soprattutto straniero, mise infatti in movimento un’enorme quantità di opere medievali, allontanandole dall’Italia. Ma neppure le aspirazioni neogotiche del tempo, più inclini ad un’interpretazione in chiave fantastica che non aderenti alla realtà storica, poterono tutelare davvero le opere su tavola che uscivano a frotte dalle grandi famiglie italiane in decadenza. E’ ormai ben noto che, un po’ ovunque da noi, artigiani scriteriati incendiavano perfino le tavole dipinte del Due-Trecento, per recuperare la foglia d’oro dei fondi", conclude Droandi.

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