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Cartoons on the Bay

Fumetti, Sara Pichelli: "Cominciano a dipendere troppo dal cinema"

08 aprile 2016 | 18.51
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Sara Pichelli (Adnkronos)
Sara Pichelli (Adnkronos)

“Il cinema avvicina al fumetto, non c’è dubbio, ma il problema è che il fumetto lentamente sta diventando dipendente dal prodotto tv o cinematografico e talvolta viene pensato in funzione di quel prodotto”. A pensarla così è Sara Pichelli, disegnatrice della Marvel, alla quale è dedicata una mostra all’interno di Cartoons on the Bay, il festival dell'animazione televisiva e cross-mediale di Rai Com in corso a Venezia nella sede di Palazzo Labia fino a domani.

Mostra che offre un excursus sulla carriera della giovane fumettista marchigiana (ma romana d’adozione) con un occhio di riguardo al lavoro svolto per il personaggio simbolo della casa editrice statunitense e di buona parte del fumetto americano, Spider-Man, nella versione Ultimate in cui il giovane eroe diventa Miles Morales, per metà ispanico e per metà afroamericano. “L’idea di inserire un’icona che appartenesse a una minoranza etnica era nell’aria da tempo. Era un’operazione rischiosa, ovviamente – ha detto la giovane disegnatrice – ma è stata una boccata d’aria fresca. Ha spaccato il pubblico, perché per i fan hardcore questo stravolgimento era impensabile. Così come per il pubblico razzista. Ma credo che dopo Deadpool questo sia il personaggio più riuscito degli ultimi anni”.

“Io ci ho lavorato insieme allo scrittore Brian Michael Bendis – racconta Sara - un lavoro di 4-5 mesi, intenso e costante, perché bisognava decidere l’aspetto, visto che si trattava di un bambino, e il costume. Toccare il costume di Spider Man era davvero pericoloso, ho addirittura ricevuto minacce di morte. In America diciamo che sono molto emotivi”.

I fumetti nella vita della giovane disegnatrice sono arrivati molto tardi: “Io ero più appassionata di cartoni animati e animazione. E di conseguenza questa è stata anche la mia formazione. Fino al 2008 ho lavorato in quel mondo, alla Rainbow Siege. Poi dopo quella esperienza ho capito che forse non era questo ciò che faceva per me”. Non è mai stata una grande lettrice di fumetti, ammette: “ In edicola compravo Topolino”. “Solo dopo il 2008 ho scoperto il fumetto – sottolinea - e senza tanta speranza ho partecipato all’unico concorso mai organizzato dalla Marvel per nuovi talenti. Un concorso a livello mondiale, che ti permetteva nel momento in cui venivi selezionato di pubblicare con loro. Sono entrata tra i 12 finalisti e da allora è cambiato tutto”. Senza tanta speranza perché “avevo cominciato da poco a produrre tavole di fumetti, fondamentalmente da autodidatta”.

Un mondo, quello del fumetto, “sempre meno maschilista”, che anche grazie ai cinecomics ha un pubblico sempre più ampio, “fatto anche di donne ma anche di fan con diversi interessi ed etnie”. Certo “chi fa un film basato su un fumetto ovviamente cerca di accontentare il lettore ma lo scopo principale è quello di coinvolgerne di nuovi. I fan hardcore sono più intransigenti e non accetteranno mai un piccolo errore o un cambiamento, ma non è così per quelli nuovi”.

Quanto alla creazione di un personaggio, “spesso chiedono loro che magari assomigli a quell’attore in quel film o ne ricordi un altro. Anche nel caso di Miles erano stati fatti dei nomi. Come base, io non ho uno stile così realistico ma il cinema è ormai una presenza forte nel fumetto”. E anche se per ora ha un contratto esclusivo con la Marvel, ammette che ha “già in mente una serie, horror, per allontanarmi da questa etichetta di teenager artist che mi porto dietro e che mi comincia a stare stretta”.

Sara, che vede i cinecomics, “anche quelli che non mi interessano perché è sempre utile vedere le trasposizioni” e pensa che “vedere Miles in una serie tv o in film sarebbe grandioso anche se bisognerà aspettare ancora molto”, insegna alla Scuola di Comix a Roma. Ai suoi studenti che vogliono intraprendere questa professione dice “di leggere tanti fumetti perché chi è un buon disegnatore non è detto che sia necessariamente un buon fumettista”. E in un “mercato italiano non molto concorrenziale” e soprattutto per chi si vuole fare il supereroistico “l’unica cosa è andare oltreoceano, a quelle fiere di settore degli Usa dove è possibile mostrare i propri lavori ed essere nel caso selezionati. Un po’ quello che succede, in piccolo, a Lucca”.

E dopo aver parlato dei suoi fumettisti preferiti, da Neil Gaiman ad Alan Moore passando per Garth Ennis, il francese Manu Larcenet e per quanto riguarda l’Italia “compro qualsiasi cosa faccia Leo Ortolani e sosterrò sempre Zero Calcare”, dice la sua su ‘Lo chiamavano Jeeg Robot: “E’ un prodotto bellissimo, la parabola dell’eroe è perfetta. Sono riusciti a inserire il codice supereroistico all’interno della cultura italiana, in particolare romana, senza renderla ridicola. E mi ha colpito questa nuance di grigio che in realtà troviamo sia in Santamaria che in Marinelli. I personaggi non erano tagliati con l’accetta”.

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