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Mostre: la carta di Frangi all'Istituto Centrale per la Grafica

25 settembre 2016 | 16.53
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Trevi (2016) di Giovanni Frangi (cm 200 x 280)
Trevi (2016) di Giovanni Frangi (cm 200 x 280)

L'Istituto Centrale per la Grafica presenta, nella sede di Palazzo Poli a Roma, l'opera in carta di Giovanni Frangi, progettata per la sede, con la curatela di Giorgio Verzotti. Lo fa con un progetto che ha tutto il sapore di una sfida: lavorare sul supporto che in questo luogo ha uno dei suoi 'templi', la carta.

Frangi infatti ha cercato di saggiarne in modo imprevedibile ed estremo tutte le potenzialità. Per l'occasione verrà pubblicato un volume (Silvana editoriale) con testi di Maria Antonella Fusco, Fabio Fiorani e Giorgio Verzotti.

Per realizzare questo progetto, che ha appena aperto i battenti e sarà visitabile fino all'1 novembre, l'artista ha puntato su due carte dalle grandi qualità come la Hahnemuhle bianca e la Fabriano nera, alle quali ha aggiunto un 'outsider': un cartone di grandi dimensioni prodotto da Cartiere dell'Adda.

Ciascun tipo di carta poi comporta anche un rapporto con grane profondamente differenti, che diventano fattore attivo nel lavoro di Frangi. Non è la prima volta che Frangi si misura con le carte, basta ricordare il ciclo 'Pasadena' del 2013 dedicato ai Huntington Botanical Gardens della città californiana.

Anche gli artisti che dalla seconda metà del Settecento arrivano da tutt'Europa stregati dal paesaggio di Roma avevano eletto la carta a loro supporto preferito perché permetteva di lavorare con rapidità e di 'rapire' le visioni che si trovavano davanti.

Ma le loro carte per ragioni non solo pratiche tendevano ad essere sempre piccole (sono stati affettuosamente ribattezzati 'tableautins'), quasi che il loro lavoro fosse qualcosa di furtivo, di molto privato. Frangi al contrario usa la carta facendone esplodere le dimensioni, che in molti casi arrivano a coprire quasi tutta l'estensione delle grandi pareti.

Come ha scritto Giorgio Verzotti nel volume 'Giovanni Frangi. Pasadena', "la natura da oggetto di attrazione diventa oggetto di indagine, e per meglio dire, schermo su cui proiettare istanze psicologiche, gli affetti di uno spirito quasi visionario. Cieli e fiumi e montagne e pietre che non hanno quasi mai il colore appropriato, come in un paesaggio all'acido lisergico dipinto da una mente sovraeccitata. Da qui la forza insieme toccante e artificiosa del suo lavoro".

Nella serie 'San Pietro', grandi foreste su cartone, o nella serie 'Fontannamare' i tronchi si impongono nello spazio con l'evidenza formale di un fusto di colonna che si alza sopra le rovine. L'acqua della serie 'Trevi' si colora invece di un rosa sfrontatamente cinematografico.

La contaminazione di Frangi con Roma non poteva prescindere dal suo amore per Mario Schifano, che ritroviamo ad esempio nella libertà di tessitura della serie 'Antigua', grandi palme realizzate su cartone. Un video documenta il lavoro dell'artista in occasione della realizzazione della mostra.

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