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Archeologia

Mummia al museo di Torino ha un nome: è Nefertari

06 dicembre 2016 | 16.44
LETTURA: 3 minuti

Immagine di repertorio (Fotogramma)
Immagine di repertorio (Fotogramma)

I resti di un paio di gambe femminili, tibie e peroni, si trovavano in una teca del Museo Egizio di Torino dai primi del '900, ma solo adesso un gruppo di studiosi dell'Università di York li ha sottoposti ad analisi e rilievi concludendo che si tratta delle gambe della regina Nefertari, la sposa prediletta del faraone Ramses II. I risultati dello studio sono stati pubblicati sul sito di Plos One (Public Library of Science).

Le gambe, insieme con altri reperti, erano state spedite al museo torinese dall'archeologo Ernesto Schiaparelli, che nel 1904 aveva scoperto la tomba, già saccheggiata in tempi antichi. Una tomba finemente e riccamente decorata nella Valle delle Regine, sulla riva occidentale del Nilo di fronte alla città di Tebe, oggi Luxor.

I risultati delle indagini condotte dagli studiosi - che hanno eseguito datazione al radiocarbonio, esami antropologici, paleopatologici, genetici e chimici - concordano tutti a favore dell'identificazione dei resti come quelli di Nefertari. Le gambe, infatti, appartengono a una donna di circa 40 anni e i materiali utilizzati per l'imbalsamazione sono coerenti con la tradizione di mummificazione utilizzata per la dinastia dei Ramessidi. Tutti gli oggetti all'interno della tomba, infine, portano a sostenere che quella fosse la sepoltura della regina Nefertari.

''Il dubbio che i resti della mummia conservati in una teca del museo potessero essere quelli di Nefertari, moglie di Ramses II, c'erano sempre stati" ha detto all'Adnrkonos Federico Poole, curatore del Museo Egizio di Torino commenta gli esiti dello studio pubblicato nei giorni scorsi sulla rivista scientifica 'Plos one'. "Ora dalla ricerca condotta da un pool internazionale ci viene una conferma scientifica importante, che quei resti sono di donna e che possono essere compatibili con la moglie del faraone''. ''Gli esiti a cui sono giunti i ricercatori con i quali il museo ha collaborato mettendo a disposizione i reperti - precisa ancora il curatore - concordano con i risultati degli studi precedenti che avevano indicato quei resti come quelli di Nefertari poiché vengono dalla tomba in cui sono stati trovati resti del corredo funerario che appartiene sicuramente a lei dato che il suo nome è indicato sui geroglifici''. ''L'importanza dello studio è l'apporto scientifico che permette di stabilire che quei resti sono compatibili con quelli di una donna vissuta nel periodo di Nefertari e che quindi c'è una generale compatibilità", conclude Poole.

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