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Letteratura

'Renzo, Lucia e io' di Fois: il divertimento ne 'I promessi sposi'

06 maggio 2018 | 12.16
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Alessandro Manzoni nel celebre ritratto opera di Francesco Hayez (particolare) del 1841 (olio su tela)
Alessandro Manzoni nel celebre ritratto opera di Francesco Hayez (particolare) del 1841 (olio su tela)

Vero 'livre de poche', non tanto per il suo essere tascabile quanto per il suo essere spendibile in qualsiasi momento, come l'argent de poche, 'Renzo, Lucia e io' di Marcello Fois, appena pubblicato da add editore, in 126 pagine rende giustizia a 'I promessi sposi' di Alessandro Manzoni, al loro essere "divertenti", nel senso proprio del termine che l'autore ricorda così nel testo: "'Divertente' è un’accezione che attiene alla capacità di farsi un’idea propria delle cose, e cioè devèrtere, saper guardare altrove, misurare l’area in cui l’informazione che si è appena ricevuta può esercitare un potere comunicativo nella vita di tutti i giorni. Divertirsi, sotto certi aspetti, significa fare propria una nozione e renderla organica: mangiarla, masticarla, digerirla, evacuarla". E Fois 'I promessi sposi' nel suo libro appunto li mangia, li mastica.... rendendo il loro essere vivi e vicini: "Anche io, nello scriverlo, mi sono proprio 'divertito', a guardare in luoghi dove la pigrizia morale e mentale di questo Paese spesso non guarda, cercando il valore etico, estetico, letterario", dice Fois all'Adnkronos.

Il volumetto segue alcune fra le vene del volumone manzoniano che hanno irrorato successive opere altrui e anche il nostro quotidiano come, ad esempio, i tanti modi di dire che Manzoni crea o formalizza: uno per tutti quel "tizzone d'inferno" che Renzo usa nel capitolo VII ("Ma qualcosa ha dovuto dire: cos’ha detto quel tizzone d’inferno?") e Agnese nel XXIV ("Ah anima nera! ah tizzone d’inferno!"). Ebbene, la frase è diventata l'espressione preferita di Kit Karson fedele pard di Tex Willer nell'omonimo fumetto. Altrettanto 'divertenti' i legami che Fois tesse nel libro fra Renzo e Ulisse, entrambi 'viaggiatori'; Lucia e Elena di Troia, entrambe 'rapite'; la peste che si porta via la piccola Cecilia con la sua veste candidissima e la bimba con il cappottino rosso di 'Schindler’s List' uccisa dalla barbarie nazista; fra plot e meccanismi del romanzo manzoniano e neorealismo cinematografico, con la mediazione di Giovanni Verga. "Per me è importante stabilire che un classico è vivente quando ti riguarda, quando entra nella tua esperienza - spiega Fois - All'interno del libro racconto di molte faccende che si muovono fra la mia memoria personale, fatti autobiografici e l'opera di Manzoni. Credo che ognuno di noi abbia dentro percorsi simili, a partire da un testo adorato, e che un libro sia vivente a patto di essere coltivato".

'Renzo, Lucia e io' sembra avere come primi interlocutori naturali i ragazzi che stanno affrontando il testo di Manzoni fra i banchi e gli insegnati che li stanno accompagnando nell'impresa: "Io ho avuto la fortuna di un insegnante entusiasta, impagabile. In un Paese dove abbondano corsi di scrittura creativa servirebbero corsi di entusiasmo per insegnati perchè un insegnante entusiasta può cambiare la vita dei suoi allievi", dice Fois e agli allievi riconosce invece, nel libro, il fatto che "i ragazzi da sempre sanno svolgere al meglio il loro mestiere, sono specchi dei tempi, hanno fretta di bruciare le tappe, considerano la scuola spesso come un freno ad altre faccende assai più piacevoli", insomma ai classici bisogna portarceli facendogli capire quanto siano già nelle loro vite e qui come in altri compiti "genitori e insegnanti hanno una responsabilità importantissima e, purtroppo, spesso decedono dai loro ruoli". Fois si dice poi intenzionato, e anzi in questo libro comincia già a farlo, a ripetere l'operazione di 'Renzo, Lucia e io' con altri due classici, già abbondantemente frequentati nelle aule scolastiche, ovvero 'Pinocchio' di Carlo Collodi e 'Cuore' di Edmondo De Amicis. I tre testi hanno in comune la fase storica vissuta dai loro autori al momento della stesura, gli anni pre unitari per il Manzoni, quelli post per Collodi e De Amicis di un'Italia che si stava facendo; in comune anche quegli italiani che i tre scrittori tratteggiano con caratteri tanto somiglianti fra loro quanto sottoscrivibili ancora oggi: "...menefreghisti, guardinghi, sentimentali, sanguigni, eroi per caso, parassiti, altruisti, martiri. Un po’ pusillanimi, un po’ anarchici, formula divenuta assai cara a Leonardo Sciascia. I caratteri di questa nazione nascono prima di lei, come aveva predetto Manzoni che, nel 1840, fa iniziare 'I Promessi Sposi' con una minaccia mafiosa. Più chiaro di così", scrive Fois.

Marcello Fois vive e lavora a Bologna. Tra i suoi libri vi sono 'Picta' (premio Calvino 1992), 'Ferro Recente', 'Meglio morti', 'Dura madre', 'Piccole storie nere', 'Sheol', 'Memoria del vuoto', 'Stirpe', 'Nel tempo di mezzo' (finalista al premio Campiello e al premio Strega 2012), 'L’importanza dei luoghi comuni' (2013), 'Luce perfetta' (premio Asti d’Appello 2016), 'Manuale di lettura creativa' (2016), 'Quasi Grazia' (2016) e 'Del dirsi addio' (2017).

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