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Gli scopritori del gene Sla: "E' in corso una partita a scacchi contro la malattia"

31 marzo 2014 | 14.04
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Gli scopritori del gene Sla:

Roma, 31 mar. (Adnkronos Salute) - "La nostra è come una partita a scacchi, in cui stiamo scovando i punti deboli dell'avversario, la Sla. Ora abbiamo più chiari davanti agli occhi i possibili bersagli per approcci terapeutici mirati". Lo spiega all'Adnkronos Salute Mario Sabatelli, dell'Istituto di neurologia Centro Sla del Policlinico Gemelli di Roma, che insieme ad Adriano Chiò, del Centro Sla-Dipartimento di neuroscience Rita Levi Montalcini dell'ospedale Molinette di Torino, ha guidato il gruppo di ricercatori che hanno identificato un nuovo gene, coinvolto nell'esordio della Sla (sclerosi laterale amiotrofica). "Si tratta del terzo gene coinvolto nella malattia, e ancora una volta un ruolo importante spetta al Rna. E' come trovarsi di fronte a un mosaico in pezzi: oggi finalmente iniziamo a intravedere il disegno", dice Chiò.

Il gene scoperto dai ricercatori italiani del consorzio Italsgen (che riunisce 14 centri universitari ed ospedalieri) - coordinati da Chiò, Sabatelli e da Gabriella Restagno del Laboratorio di Genetica Molecolare dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Città della Scienza e della Salute di Torino - è stato battezzato 'Matrin3' e si trova sul cromosoma 5. Lo studio è valso al gruppo la copertina di 'Nature Neuroscience'.

"La scoperta fornisce informazioni fondamentali per l'identificazione dei meccanismi della degenerazione dei motoneuroni e avvicina la possibilità di nuove terapie mirate, proprio grazie all'individuazione di bersagli per interventi ad hoc. Sembra ormai chiaro che il Rna sia centrale nella genesi della malattia, dunque proprio questo potrebbe essere il bersaglio di farmaci complessi, dal nome quasi impronunciabile, che però sono una promessa contro questa patologia: penso a oligonucleotidi antisenso capaci di bloccare quei geni che producono troppe proteine", prosegue Sabatelli. Ovvero i geni alterati all'origine della Sla.

"Ma occorrerà del tempo per vedere le conseguenze pratiche di questi studi", ammonisce Chiò. Al centro della ricerca, che ha coinvolto numerosi pazienti italiani con forme di Sla familiare di cui non si conoscevano i geni responsabili, c'erano "in particolare due cugini sardi, lontani parenti fra loro, uno in cura a Torino e uno a Roma, entrambi con la Sla. Il fatto che fossero lontani parenti ha fatto in modo che il Dna in comune fosse limitato: in questi casi infatti, funziona un po' come con le figurine, si confronta il Dna a caccia di variazioni e somiglianze, per poi capire quale delle mutazioni individuate è importante. Ebbene, grazie alla nuova tecnologia di sequenziamento dell'intero esoma (exome sequencing), cioè della parte del Dna che codifica per le proteine, è stata rilevata un'alterazione di un gene in comune, poi confermata in altri pazienti italiani e in una grossa famiglia americana", prosegue Chiò.

Un'alterazione che non era presente nei controlli sani. "Insomma - sintetizza Chiò - abbiamo fatto passi da gigante. Ma i risultati concreti contro la malattia non arriveranno a breve. Oltretutto in Italia sono pochissime le aziende biotech che lavorano su questi aspetti. Il nostro studio va avanti, in collaborazione con un gruppo americano. Ogni gene evidenziato è una nuova tessera del mosaico messa al posto giusto", conclude.

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