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Sanita': Limpe, 200 mila casi Parkinson in Italia, 16 mila nel Lazio

20 febbraio 2014 | 13.06
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Roma, 20 feb. (Adnkronos Salute) - I casi di Parkinson sono 200 mila in Italia, tra i 15-16 mila nel Lazio. Nella maggior parte dei casi la malattia si manifesta dopo i 50 anni, ma può capitare anche al di sotto dei 40 anni. Lo ricorda la Limpe (Lega italiana per la lotta contro la malattia di Parkinson, le sindromi extrapiramidali e le demenze), intervenendo sulla recente notizia di una terapia di tipo genico, del tutto nuova, implementata da ricercatori anglo-francesi: il nuovo trattamento potrebbe finalmente risolvere alla radice la malattia, andando a riattivare il blocco della dopamina. Secondo Alfredo Berardelli, presidente Limpe, "si tratta di una terapia ancora sperimentale che non ha nessuna ricaduta nel mondo reale e pratico. Per ora si stanno mettendo a punto le metodiche per procedere con questo tipo di terapia genica, ma ancora non c'è nessun dato certo che possa far sì che questa terapia venga attuata".

"L'Italia - prosegue l'esperto - è in una posizione molto avanzata nello studio e nella cura del Parkinson. Il livello di assistenza che viene offerto dai nostri neurologi è sicuramente buono e abbiamo numerosi centri di eccellenza, localizzati all'interno di alcune università, che si occupano specificatamente di questa malattia". Il parkinsoniano ha una riduzione della motilità volontaria associata a tremore, quindi tendenzialmente tende a fare una vita tranquilla, ritirata e sedentaria. Ma i pazienti affetti da questa malattia dovrebbero "condurre uno stile di vita diverso. Quello che noi consigliamo sempre ai pazienti è di fare una vita che sia il più attiva possibile: recentemente, infatti, è stato dimostrato che l'attività fisica migliora le capacità cerebrali in generale, o ancora meglio le capacità di plasticità cerebrale. I parkinsoniani che svolgono attività fisica continua, insomma, stanno meglio di quelli che non la praticano. È per questo che bisognerebbe stimolarli di più".

In tutti i casi "si possono ottenere miglioramenti grazie ai farmaci. Esistono varie terapie: quelle più efficaci sono le cosiddette 'terapie sintomatiche', che agiscono sui sintomi e non sulla causa della malattia. E' risaputo, infatti, che non si ha ancora una conoscenza diretta della causa che determina la malattia, per cui di conseguenza non si possono dare terapie curative. Però, ripeto, ce ne sono alcune molto buone che agiscono bene prevalentemente sulla riduzione della motilità e sul tremore. Non esistono - aggiunge - trattamenti alternativi ai farmaci. Abbiamo un corredo farmacologico abbastanza vario e, a seconda della tipologia, possiamo utilizzare un farmaco piuttosto che un altro. Esistono terapie chirurgiche che si utilizzano nelle fasi avanzate della malattia e dopo anni di terapie, dopo cioè che i farmaci non sono più efficaci e tendono a causare effetti collaterali. Ci sono infine terapie alternative, ma tra queste le uniche che sono state validate sono quelle di riabilitazione, che hanno a che fare con l'esercizio fisico".

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