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“Mai più la guerra, si trovi il coraggio di fare la pace”. Una giornata storica in Vaticano

08 giugno 2014 | 11.12
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Nei Giardini del Vaticano la preghiera comune per la pace in Medio Oriente del presidente dell’Autorità nazionale palestinese, del capo di Stato israeliano insieme a Francesco e al patriarca di Costantinopoli Bartolomeo. Peres: “Invochiamo una pace fra eguali”. Abu Mazen: “Chiediamo la pace e uno Stato indipendente”. Nella giornata dedicata al mondo dello sport, la ‘magia’ di Papa Francesco con la palla da basket: freestyle sul Sagrato di Piazza San Pietro (FOTO)

(Foto Infophoto) - INFOPHOTO
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Mai più la guerra, abbattiamo i muri dell’inimicizia. E’ il forte appello di papa Francesco che risuona nei Giardini vaticani dove si è svolta l’invocazione di preghiera insieme ai presidenti di Israele e Palestina, Shimon Peres e Abu Mazen per la pace in Terra Santa. Con loro anche il patriarca ortodosso Bartolomeo.

Francesco - “La vostra presenza, signori presidenti, è un grande segno di fraternità, che compite quali figli di Abramo, ed espressione concreta di fiducia in Dio, Signore della storia, che oggi ci guarda come fratelli l’uno dell’altro e desidera condurci sulle sue vie”. A loro Bergoglio ricorda che “il mondo è un’eredità che abbiamo ricevuto dai nostri antenati, ma è anche un prestito dei nostri figli, figli che sono stanchi e sfiniti dai conflitti e desiderosi di raggiungere l’alba della pace; figli che ci chiedono di abbattere i muri dell’inimicizia e di percorrere la strada del dialogo e della pace perché l’amore e l’amicizia trionfino”. Il Papa riflette, quindi, sulle tante, troppe vittime dei conflitti: “Molti, troppi figli sono caduti vittime innocenti della guerra e della violenza, piante strappate nel pieno rigoglio. E’ nostro dovere far sì che il loro sacrificio non sia vano. La loro memoria infonda in noi il coraggio della pace, la forza di perseverare nel dialogo ad ogni costo, la pazienza di tessere giorno per giorno la trama sempre più robusta di una convivenza rispettosa e pacifica, per la gloria di Dio e il bene di tutti”. Dice il Papa che “per fare la pace ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra. Ci vuole coraggio per dire sì all’incontro e no allo scontro; sì al dialogo e no alla violenza; sì al negoziato e no alle ostilità; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni; sì alla sincerità e no alla doppiezza. Per tutto questo ci vuole coraggio, grande forza d’animo”.

Peres - “Una pace fra eguali”. E’ quella invocata dal Presidente della Repubblica israeliano Peres. “Due popoli, gli israeliani e i palestinesi, desiderano ancora ardentemente la pace - ricorda - Noi dobbiamo mettere fine alle grida, al conflitto. Noi tutti abbiamo bisogno di pace: pace fra eguali”, sottolinea Peres, ribadendo: “L’aspirazione che tutti condividiamo è la pace”. E “la pace non viene facilmente: noi dobbiamo adoperarci con tutte le nostre forze per raggiungerla, presto. Anche se ciò richiede sacrifici o compromessi”. ”Dobbiamo perseguire la pace, ogni anno e ogni giorno - afferma Peres - Anche quando la pace sembra lontana, noi dobbiamo perseguirla per renderla più vicina. E se noi perseguiamo la pace con perseveranza e con fede, noi la raggiungeremo ed essa durerà grazie a noi tutti, di tutte le fedi e di tutte le Nazioni”. Esorta il presidente di Israele: “Noi possiamo, insieme e ora, israeliani e palestinesi, trasformare la nostra nobile visione in una realtà di benessere e prosperità. E’ in nostro potere portare la pace ai nostri figli e questo - ammonisce - è il nostro dovere”.

Abu Mazen - “Verità, pace e giustizia nella mia patria, la Palestina, nella regione e nel mondo intero” chiede il presidente dell’Autorità nazionale palestinese “per raggiungere la pace fra i palestinesi e gli israeliani”. Abu Mazen assicura che “il popolo della Palestina, musulmani, cristiani e samaritani, desidera ardentemente una pace giusta, una vita degna e la libertà”. E supplica Dio di “rendere il futuro del nostro popolo prospero e promettente, con libertà in uno Stato sovrano e indipendente” e di “concedere alla nostra regione e al suo popolo sicurezza, salvezza e stabilità”, nonché di “salvare la nostra città benedetta Gerusalemme”. “Noi desideriamo la pace, per noi e per i nostri vicini”, assicura Abbas. “Una pace - chiede - comprensiva e giusta al nostro Paese e alla regione, cosicché il nostro popolo e i popoli del Medio Oriente possano godere il frutto della pace, della stabilità e della coesistenza”. “Riconciliazione e pace sono la nostra meta. Noi siamo qui, orientati verso la pace”, sottolinea Abbas chiedendo a Dio di “rendere fermi i nostri passi e coronare di successo i nostri sforzi e le nostre iniziative” e ricordando quanto fu affermato da Papa Giovanni Paolo II: “Se la pace si realizza a Gerusalemme, la pace sarà testimoniata nel mondo intero”. Abu Mazen chiede dunque “pace nella terra Santa, in Palestina, a Gerusalemme. Chiediamo di rendere la Palestina e Gerusalemme in particolare una terra sicura per tutti i credenti e un luogo di preghiera e di culto per i seguaci delle tre religioni monoteistiche: Ebraismo, Cristianesimo, Islam”. Quindi, l’invocazione a Dio ad “alleviare la sofferenza del mio popolo, nella patria e nella diaspora”.

Ma a dividere israeliani e palestinesi, nei discorsi dei presidenti Peres e Abu Mazen resta proprio Gerusalemme “cuore pulsante degli ebrei” per il primo, “nostra città santa” per il secondo.

L’incontro di preghiera in Vaticano è iniziato con lo straordinario abbraccio tra Peres e Abbas a casa Santa Marta, la dimora del Papa. E si è concluso con un altro fraterno abbraccio tra i quattro protagonisti dell’invocazione di pace.

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