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Caso Ruby, "esclusi gli addebiti": Csm assolve pm Fiorillo

17 luglio 2014 | 20.16
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Il pm del Tribunale dei minorenni di Milano era in servizio la notte in cui la minorenne marocchina fu affidata a Nicole Minetti

 (foto Infophoto)
(foto Infophoto)

La sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura ha assolto "per essere esclusi gli addebiti" Annamaria Fiorillo, il pm del Tribunale dei minorenni di Milano in servizio la notte tra il 27 e il 28 maggio del 2010, quando la minorenne marocchina Ruby fu affidata a Nicole Minetti.

La Fiorillo è stata sottoposta a un nuovo giudizio dopo che le sezioni unite della Cassazione hanno annullato con rinvio la sentenza con la quale, a maggio dello scorso anno, era stata condannata alla censura con l'accusa di avere violato il dovere del riserbo per avere smentito, in una serie di dichiarazioni ai giornali e in tv, l'allora ministro dell'Interno Roberto Maroni a proposito dell'affidamento di Ruby alla Minetti.

La pm aveva contestato quanto affermato da Maroni, che in Senato aveva sostenuto la correttezza del comportamento della polizia, a suo dire confermato anche dall'autorità giudiziaria. Fiorillo aveva precisato di non avere disposto l'affidamento di Ruby all'allora consigliere regionale della Lombardia né di avere mai creduto al fatto che fosse la nipote di Mubarak, ma di averne previsto l'affidamento a una comunità.

Nella requisitoria, il sostituto pg della Cassazione, Eugenio Selvaggi, aveva chiesto che alla Fiorillo fosse nuovamente applicata la sanzione della censura, ritenendo che si dovesse riaffermare "la responsabilità" del magistrato rispetto al capo di incolpazione. La Fiorillo era difesa dal procuratore aggiunto di Roma Nello Rossi, che ha sostenuto che il pm "finché è stato possibile ha tutelato la sua immagine con il silenzio" ma che questo silenzio "dopo le dichiarazioni di Maroni sarebbe stato un avallo alle sue parole e un vulnus all'immagine di imparzialità della magistratura".

Nello Rossi ha così commentato l'assoluzione: "Raramente come in questo caso è emersa una nitida verità sulla condotta del magistrato: su questa verità si è fondata la difesa dell'onore professionale proprio e dell'intera magistratura".

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