cerca CERCA
Giovedì 25 Aprile 2024
Aggiornato: 22:14
10 ultim'ora BREAKING NEWS

Corte dei Conti, la maternità vince sull'utilità

25 agosto 2014 | 19.18
LETTURA: 4 minuti

Il caso: condannato funzionario che fece risparmiare soldi al Comune

La maternità vince sull'utilità. Lo ha sancito la Corte dei Conti, facendo tesoro dell'ampia giurisprudenza che tutela le donne in dolce attesa. In particolare, i giudici contabili, in base ad una decisione pubblicata da 'Il Quotidiano della P.A.', hanno ritenuto "discriminatorio" non assumere una donna incinta che, di lì a poco, sarebbe andata in congedo per astensione obbligatoria e, quindi, necessariamente sostituita, nonostante si trattasse di un contratto a tempo determinato finalizzato all'espletamento delle procedure elettorali, che la stessa non avrebbe potuto svolgere. I fatti sotto la lente dei giudici contabili arrivano dalla Toscana e hanno riguardato una vicenda accaduta in un comune dove c'era la necessità di un collaboratore amministrativo. Un'assunzione a tempo determinato per tre mesi in occasione delle elezioni europee ed amministrative del 6 e 7 giugno 2009, attingendo dalla graduatoria di un precedente concorso pubblico. Nel corso del primo colloquio, una candidata aveva fatto presente al responsabile dei servizi finanziari di essere al sesto mese di gravidanza. Da qui la mancata assunzione. La futura mamma, in seguito, era stata assunta da un altro comune (aprile 2009) e a partire dal 20 aprile 2009 fruiva del congedo per astensione obbligatoria. La vicenda è finita in Tribunale.

Per i giudici si tratterebbe di una palese discriminazione basata sul sesso, contro i principi costituzionali, in particolare in violazione dell'articolo 37. Del tutto inutile per il responsabile del servizio finanziario eccepire la mancanza di danno e di nesso causale, dal momento che il comune dal comportamento illegittimo aveva risparmiato 5.551,62 euro, visto l'importo che avrebbe dovuto corrispondere alla futura mamma, anche per il post-partum e per la persona sostituita. Il principio di tutela per le donne in gravidanza è sancito anche da diverse sentenze della Cassazione. Nel caso in questione, la Corte dei Conti ha sposato in pieno la tesi sostenuta dal tribunale di Prato che, in una decisione del 2010, sosteneva essere "del tutto ragionevole presumere che la perdita di un' occasione lavorativa, di per se stessa frustrante, abbia cagionato particolare tensione e sofferenza in una persona che si trovava nella delicata situazione della gravidanza. A ciò deve aggiungersi la grave umiliazione derivante dal vedersi negare il diritto al lavoro con motivazioni, reiteratamente espresse prima a voce e poi per iscritto, che costituiscono manifesta violazione di principi fondamentali dell'ordinamento comunitario e costituzionale".

I giudici, nel dettaglio, hanno fatto notare che "non vi è alcuna norma che imponga alla lavoratrice gestante di far conoscere al datore di lavoro il proprio stato di gravidanza prima dell'assunzione, né un siffatto obbligo può ricavarsi quando la lavoratrice viene assunta con contratto a tempo determinato, dai canoni generali di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. o da altro generale principio del nostro ordinamento, mentre l'accoglimento di una diversa opinione condurrebbe a ravvisare nello stato di gravidanza e puerperio di cui all'art. 4 l. n. 1204/1971 un ostacolo all'assunzione al lavoro della donna e finirebbe così per legittimare opzioni ermeneutiche destinate a minare in modo rilevante la tutela apprestata dalla legge a favore delle lavoratrici madri". Sulla base di quanto chiarito dal giudice ordinario, la Procura erariale per la Regione Toscana ha attivato una nuova controversia nella quale contestava, al responsabile dei servizi finanziari, il danno erariale indiretto derivante dalle somme che il Comune era stato condanno a versare: in primo luogo, la somma da corrispondere alla candidata discriminata, a titolo di risarcimento pari a 9.475 euro in esecuzione della sentenza del giudice del lavoro (primo e secondo grado); e poi, le spese sostenute dall'ente locale per difendersi, infruttuosamente, dalle eccezioni mosse dalla vincitrice di concorso non assunta (euro 9.134,63). La Corte dei conti - sez. giurisdizionale per la Toscana, con la sentenza n. 149/2014 - ha ritenuto gravemente colposo il comportamento del responsabile dei servizi finanziari. E ha stabilito che il danno, pari al 30% per il giudizio di primo grado, dovrà essere risarcito dal dipendente comunale per un importo di oltre mille euro.

Riproduzione riservata
© Copyright Adnkronos
Tag
Vedi anche


SEGUICI SUI SOCIAL



threads whatsapp linkedin twitter youtube facebook instagram
ora in
Prima pagina
articoli
in Evidenza