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Consulta: legale ex 'schiavi di Hitler', applicare legge per risarcimenti

22 settembre 2014 | 14.44
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'Arbeitskarte' (scheda di lavoro) di un internato militare italiano (dal sito www.schiavidihitler.it)
'Arbeitskarte' (scheda di lavoro) di un internato militare italiano (dal sito www.schiavidihitler.it)

E' la prima causa iscritta al ruolo. Alle 9,30 di domani, nella sala delle udienze a Palazzo della Consulta, inizia la discussione con l'udienza pubblica per discutere sulla legittimità costituzionale delle norme che impediscono di agire in giudizio contro la Germania per chiedere il risarcimento dei danni per gli ex 'schiavi di Hitler', i deportati italiani costretti a lavorare per il Terzo Reich. A portare la battaglia giuridica fino alla Consulta è l'avvocato Joaquim Lau, che segue la vicenda fin dagli anni Novanta.

''Ci attendiamo una corretta applicazione delle leggi, anche internazionali -spiega il legale all'Adnkronos- vedremo quali saranno le decisioni della Consulta. Gli ex deportati sperano che sia dichiarata incostituzionale la legge n. 5 del 2013, che impedisce le cause civili e il risarcimento del danno''.

Il relatore è Giuseppe Tesauro, attuale presidente della Corte Costituzionale. La decisione dovrà quindi essere presa prima del 9 novembre, quando Tesauro scadrà dal mandato di presidente e giudice.

A sostenere le rivendicazioni degli ex deportati e delle loro famiglie anche Valter Merazzi, presidente del Centro studi 'Schiavi di Hitler', che all'Adnkronos spiega: ''In questi anni abbiamo raccolto molti documenti, testimonianze di ex deportati e tante videointerviste: dicono che l'esercito tedesco portò con la forza centinaia di migliaia di italiani in Germania e li costrinse a lavorare presso le imprese del Reich''.

''Quando tornarono in patria -sottolinea ancora Merazzi- sulla loro storia cadde il silenzio. Come tutti i reduci erano scomodi, e per anni nessuno si è occupato di loro. Eppure la questione ha riguardato circa 700mila persone. Ci auguriamo che il faro acceso dalla Consulta arrivi fino al palazzo del governo e queste vittime vengano risarcite''.

''E' importante -rimarca- anche un riconoscimento simbolico e pubblico: al di là della medaglia, un riconoscimento anche economico, visto che questi nostri connazionali furono costretti a lavorare per circa 20 mesi, dal settembre 1943 fino al maggio 1945. Rifiutarono di combattere nell'esercito nazifascista, deve essere riconosciuto loro questo ruolo di resistenza''.

All'udienza, al vaglio la questione di un presunto contrasto con gli articoli 2 e 24 della Costituzione -diritti inviolabili e diritto ad agire in giudizio- degli art.1-3 della legge 5/13 "Adesione dell'Italia alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni" e dell' art.1 della legge 848/1957 sull' esecuzione dello Statuto Onu.

Norme che obbligano il giudice italiano ad adeguarsi alla decisione della Corte internazionale di giustizia dell'Aja che, con sentenza del 3 febbraio 2012, riaffermando l'immunità della Germania, ha negato la giurisdizione del giudice italiano nelle cause per i danni da crimini di guerra commessi "jure imperii" dal Terzo Reich nel territorio italiano.

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