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Yara, vacilla la prova del Dna. "Tracce di Bossetti sui vestiti non inequivoche"

22 settembre 2014 | 19.43
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E' una delle conclusioni della relazione del Ris di Parma su cui poggia l'istanza di scarcerazione dei legali di Bossetti. La difesa annuncia, contattata dall'Adnkronos, che chiederà di "ripetere l'intera procedura" assistita dai propri consulenti

Yara, vacilla la prova del Dna.

"Una logica prettamente scientifica che tenga conto dei non pochi parametri che si è tentato di sviscerare in questa sede non consente di diagnosticare in maniera inequivoca le tracce lasciate da Ignoto 1 sui vestiti di Yara ". E' una delle conclusioni presenti nella relazione del Ris di Parma su cui poggia l'istanza di scarcerazione, rigettata dal gip di Bergamo, dei legali di Massimo Giuseppe Bossetti, in carcere dal 16 giugno scorso per l'omicidio di Yara Gambirasio, scomparsa da Brembate Sopra il 26 novembre 2010.

A pagina 287 della relazione, si afferma come "pare quantomeno discutibile come ad una eventuale degradazione proteica della traccia non sia corrisposta una analoga degradazione del Dna", si ricorda inoltre come "lo studio analitico dei reperti oggetto della presente indagine è stato reso particolarmente difficile dal cattivo stato di conservazione degli stessi e dalla oggettiva complessità dei susseguenti esiti di laboratorio, non sempre ben interpretabili in ragione dell'elevato livello di degradazione biologica delle tracce presenti".

L'esposizione prolungata del corpo di Yara alle intemperie­ per tre mesi circa, il suo corpo fu trovato in un campo di Chignolo d'Isola il 26 febbraio 2011, "ha indubbiamente procurato un dilavamento delle tracce biologiche in origine certamente presenti sui suoi indumenti riducendone enormemente la quantità, compromettendone la conservazione e modificandone morfologia e cromaticità, tutto a svantaggio di una corretta interpretazione delle evidenze residuate", si legge nella relazione degli esperti.

Nella perizia dei Ris di Parma si ricorda come "purtroppo non è semplice valutare né riprodurre sperimentalmente -­ con assoluto rigore scientifico -­ quanto la degradazione del materiale biologico su questi reperti possa aver influenzato, e in quale misura, l'attendibilità dei test effettuati...", ma si evidenzia anche come "si escluda ragionevolmente" che il risultato della traccia di Ignoto 1 corrispondente al profilo genetico di Bossetti "sia dovuto a contaminazioni, soprattutto recenti, dovute a semplice contatto manuale o ad imprudente approccio al reperto da parte del personale operante". Riflessioni a cui se ne aggiunge una ulteriore: "Non è ancora possibile datare con attendibilità scientifica una traccia biologica, specialmente in un ristretto range temporale, come in questo caso".

Alla luce delle affermazioni dei Ris relativamente alla traccia biologica riconducile all'indagato, per la difesa di Bossetti, questo non è, seppur considerata la 'pistola fumante' della procura, "un elemento così scevro da dubbi, tanto da essere individuato sempre dai medesimi Ris come 'quantomeno discutibile'". Inoltre, sempre i legali che mercoledì presenteranno istanza al riesame, "in buona sostanza a parere della difesa, le enunciate certezze scientifiche paiono espresse secondo un criterio di ragionevolezza, principio più tipico del disquisire giuridico che dell'argomentare scientifico". La difesa rappresentata da Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni sottolinea come, anche in caso di corrispondenza tra il Dna trovato sul corpo della vittima e quello del proprio assistito non basta da solo a dimostrare la colpevolezza - "anche se la traccia fosse dell'indagato non si potrebbe certo inferire la colpevolezza dell'indagato" -, e annuncia, contattata dall'Adnkronos, che chiederà di "ripetere l'intera procedura" assistita dai propri consulenti, "a partire dall'estrazione della traccia che è la parte più delicata" dell'intero processo.

"Non c'era calce nei polmoni di Yara" - Secondo quanto emerge nell'istanza di scarcerazione presentata dalla difesa di Bossetti, poi, non ci sono tracce di calce nei polmoni di Yara Gambirasio. Nella perizia medico legale, la difesa sottolinea come la parte dell'apparato respiratorio "non evidenzi alcuna presenza di 'polveri riconducibili a calce'". Si tratta di una frase con cui la difesa di Bossetti intende sconfessare quanto scritto nell'ordinanza di custodia cautelare contro il muratore 44enne dove si dice che "il corpo e alcuni indumenti, unitamente al livello dell'albero bronchiale, di Yara Gambirasio riportano polveri riconducibili a calce che del tutto verosimilmente rappresentano il frutto di contaminazione dovuta al soggiorno della stessa in un ambiente saturo di tali sostanze ovvero dovuta ad un contatto con parti anatomiche (più facilmente mani) o indumenti indossati da terzi imbrattate di tale sostanze". In particolare nella relazione sull'apparato respiratorio, anche corredato da immagini, non si evidenzierebbe la presenza di calce, ma si farebbe riferimento a silicio e tungsteno, spiega la difesa. E per la stessa difesa, rileggendo le affermazioni contenute nella relazione e messe nero su bianco dall'accusa "si pretende di attribuire ad un soggetto (sulle mani e sugli indumenti) polveri di cui non si conosce neppure l'identità e la provenienza; per non dire che l'equazione lavoro in edilizia=materiali sulle mani e sui vestiti costituisce un'abduzione davvero forzata".

La cella telefonica - I legali dell'indagato, poi, sostengono che i cellulari di Bossetti e di Yara non agganciano la stessa cella telefonica. Gli avvocati Gazzetti e Salvagni, nella loro istanza di scarcerazione mettono quindi in dubbio uno degli indizi dell'accusa. In un documento di una compagnia telefonica "è emerso che l'ultimo aggancio dell'utenza della vittima non deve intendersi quella di Mapello, bensì quella di Brembate", si legge nella loro istanza di 40 pagine. Non solo: mentre alle 17.45 Bossetti aggancia la cella di Mapello e non genererà traffico fino alle 7.34 della mattina successiva, l'ultimo segnale del cellulare della 13enne è delle 18.55. In quel momento, il cellulare di Yara viene spento completamente, sostiene la difesa. In ogni caso ricordano i legali, "non abbiamo informazioni che consentano di stabilire dove i cellulari fossero al momento del traffico telefonico con una precisione superiore al raggio di copertura della cella".

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