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Operazione antimafia a Corleone, arrestato il nuovo capomafia fedelissimo di Riina

23 settembre 2014 | 08.11
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Sgominato il clan nel comune di Palazzo Adriano, il cui capo indiscusso sarebbe Antonino Di Marco, fratello dell'autista della moglie di Totò Riina. Nel mirino un gruppo di imprenditori costretti a pagare il pizzo. E in tempi di crisi Cosa nostra fa 'sconti' sul pagamento: "In alcuni casi percentuale ridotta dal 3 all'1%". Il pm: "Controlla ancora il territorio corleonese"

(INFOPHOTO)
(INFOPHOTO)

Operazione antimafia nel palermitano alle prime luci dell'alba. Sgominato il clan mafioso di Palazzo Adriano, operativo nella zona di Corleone, cinque gli arresti eseguiti dai carabinieri. Capo indiscusso del clan, secondo gli inquirenti, sarebbe Antonino Di Marco, dipendente comunale senza precedenti penali: Di Marco è il fratello di Vincenzo Di Marco, autista della moglie del boss Totò Riina, Ninetta Bagarella.

Nel mirino dell'associazione un gruppo di imprenditori costretti a pagare il pizzo. Ma nessuno di loro ha denunciato gli estorsori alle forze dell'ordine. "L'associazione mafiosa - spiegano gli investigatori - ha continuato a mantenere saldamente in mano il controllo del territorio attraverso la pressante azione estorsiva nei confronti di imprenditori e il controllo dei pubblici appalti".

Le attività investigative hanno consentito di accertare più episodi di pagamento che, nella maggior parte dei casi, hanno mantenuto la canonica percentuale del 3% dell'importo complessivo del lavoro da eseguire. In altri casi, oltre a richiedere la somma, gli associati hanno imposto agli imprenditori anche l'utilizzo di manodopera e l'acquisto di materie prime presso imprenditori da loro indicati.

Quanto ai metodi utilizzati, al fine di convincere le vittime alla cosiddetta ''messa a posto'', la consorteria mafiosa ha utilizzato il classico metodo intimidatorio della bottiglia incendiaria. Per attirare l'attenzione degli imprenditori, gli affiliati hanno poi rubato e danneggiato all'interno dei cantieri.

Sono stati ricostruiti sei casi di estorsione e due tentate estorsioni, ai danni di ditte impegnate prevalentemente nella costruzione e rifacimento di tratti stradali nel comune di Palazzo Adriano. Singolare un caso in cui l'imprenditore, originario di Palazzo Adriano, ricerca protezione presso la locale famiglia mafiosa per avviare un'attività commerciale al di fuori di quel comune, contando sui buoni uffici degli affiliati nei confronti della famiglia mafiosa competente per territorio.

L'imprenditore pagherà due volte il pizzo: alla famiglia mafiosa competente sul luogo dei lavori e a esponenti di Palazzo Adriano quale rimborso per l'intermediazione.

Inoltre, in tempi di crisi, Cosa nostra fa 'sconti' sul pagamento del pizzo. "In una circostanza, quasi a dimostrare una benevolenza dell'associazione per la difficile situazione economica della vittima, la percentuale è stata ridotta dal 3 all'1%", spiegano gli inquirenti.

Insomma, "il potere mafioso è ancora molto forte, soprattutto nelle periferie, dove c'è una capacità di mettere in moto la macchina del consenso elettorale". Così il Procuratore di Palermo, Leonardo Agueci, commentando gli arresti dell'operazione 'Grande Passo'. In particolare Agueci ha sottolineato che un deputato regionale dell'Udc all'Ars, Nino Dina, "è stato eletto con il contributo di Cosa nostra". Su questo episodio le indagini continuano. "Tutto questo da' l'idea del potere di Cosa nostra - dice Agueci - i boss hanno dimostrato di indirizzare i consensi verso esponenti politici".

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