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Gli insetti saranno il cibo del futuro anche in Europa

05 novembre 2014 | 19.40
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Secondo gli esperti li mangeremo perchè fonte di proteine e grassi nobili in una situazione di difficoltà nella produzione di alimenti per l'uomo. Ma tempi lunghi per accreditarli come 'novel food', fare tutto a norma di legge considerando sicurezza e qualità

(Xinhua)
(Xinhua)

Il cibo del futuro avrà ali e 6 zampe anche in Europa? "Può essere, ma questa rivoluzione non si può concretizzare in fretta. Non si deve correre, magari in vista dell'appuntamento di Expo 2015 a Milano". Parola di Valerio Giaccone, del Dipartimento di medicina animale, produzioni e salute dell'università di Padova, che da anni si occupa di questa frontiera alimentare 'nuova' per il Vecchio Continente, radicata in altre culture. Il tema degli insetti nel piatto è tornato alla ribalta dopo che l'Asl di Milano ha sequestrato 50 chili di pietanze con 'l'ingrediente speciale', pronte per essere servite, in un locale della metropoli che proponeva una serata 'sperimentale' con menu interamente dedicato agli insetti commestibili.

"Da qualche tempo il tema dell'entomofagia finisce sempre più spesso sotto i riflettori - spiega Giaccone all'Adnkronos Salute - La stessa Fao (l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura) ha più volte preconizzato il ritorno al consumo di insetti come fonte di proteine e grassi nobili in una situazione di difficoltà nella produzione di alimenti per l'uomo", con la popolazione mondiale il costante aumento e la necessità di trovare nuove fonti di cibo. Gli insetti sarebbero sulla carta dei buoni candidati: sono molto prolifici, a rapido sviluppo, hanno bisogno di meno spazio vitale e in termini di emissioni di CO2 si parla di solo il 14-22% per produrre quantità di 'carne' analoga a quella degli animali da reddito. Per non parlare della resa al macello che è in media dell'80%, contro il 70% del suino, il 65% del pollo e il 55% del bovino, elenca l'esperto.

Ma il nodo in Ue è che per il regolamento comunitario, come per la normativa italiana, gli insetti non possono essere considerati alimenti, cioè qualsiasi cosa destinata ad essere ingerita, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerita, da esseri umani. "Bisognerebbe dunque dimostrare con ragionevolezza storica che gli insetti facevano parte della tradizione alimentare europea prima del '97, anno di entrata in vigore del regolamento. E questo non è possibile - spiega Giaccone - nonostante ci siano esempi nella nostra cultura alimentare di prodotti con 'insetti'. Si tratta di formaggi con i 'vermi' (larve della mosca casearia): in Italia per esempio il sardo 'Casu marzu' e il piacentino 'Furmai nis', ma anche Paesi come Francia e Germania hanno i loro".

L'indimostrabilità di un consumo tradizionale di insetti ha portato "il ministero della Salute a emanare a ottobre 2013 una circolare in cui si precisa che non possono essere considerati alimento e le Asl devono vietare l'importazione e il consumo. L'unica soluzione, dice la circolare, è certificarli come 'novel food'", secondo lo stesso regolamento comunitario 258 del '97, in cui si parla di immissione sul mercato Ue di prodotti e ingredienti alimentari non ancora utilizzati in maniera significativa per il consumo umano. "Mi risulta che qualcuno ha pensato di farlo - riferisce Giaccone - Ma la procedura burocratica per accreditarli è complessa, richiederebbe un investimento di tempo e risorse, per un lavoro di due o tre anni. In occasione di un convegno in Olanda è stato anche sollevato l'argomento della normativa e da quello che mi risulta è stato preconizzato che l'Ue snellisca le procedure per i novel food, creando così percorso a favore degli insetti da punto vista normativo".

"Io dico da tempo - continua Giaccone - che è fattibile puntare ad avere gli insetti fra i novel food. Ben venga l'uso alimentare umano, ma deve essere previsto e predisposto con i giusti crismi e nel rispetto di norme di legge. L'occasione di Expo è affascinante però non vorrei che la fretta diventi cattiva consigliera".

Quali insetti potrebbero finire nel piatto? "Quelli che per natura non siano tossici o velenosi. Non sono tante le specie edibili: su 2-3 milioni di insetti (senza considerare ragni e scorpioni), sono poco più di 1.700". Per fare qualche esempio grilli, locuste, cavallette, termiti, farfalle, bachi da seta, mosche, maggiolini, api e formiche. "E poi ci sono due fonti di pericoli da considerare - avverte l'esperto - quelli chimici, come per esempio eventuali residui di metalli pesanti come piombo, mercurio e cadmio accumulati dagli insetti attraverso l'ambiente; e quelli microbiologici, nel senso che gli insetti possono veicolare batteri patogeni per l'uomo, come la salmonella o l'E.coli".

In un quadro futuro, conclude, "si dovranno stabilire criteri precisi per il consumo e la produzione: vedrei il consumo solo previa cottura o procedimenti come marinatura e salatura. Ed eviterei il fai-da-te (allevamento di insetti sui rifiuti dell'umido). Gli insetti dovrebbero provenire da allevamenti certificati e monitorati dalle Asl, dove si possa controllare la qualità, né più né meno di quello che si fa oggi per altri alimenti. Quel che è certo è che il percorso non andrà affrontato con leggerezza".

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