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Razzismo: processo a 'Militia', leader rivendicano paternità scritte

10 novembre 2014 | 18.17
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Nel processo in corso a Roma Schiavulli e Boccacci rivendicano la paternità delle scritte razziste e antisemite e sottolineano: "Facciamo striscioni, non attentati. Non si possono mettere le manette alle idee"

Maurizio Boccacci
Maurizio Boccacci

Si sono assunti le responsabilità ideologica e materiale delle scritte che nel 2010 comparvero sui muri della città e diversi striscioni scritte razziste, antisemite e contro diversi esponenti politici. I leader di 'Militia' Stefano Schiavulli e Maurizio Boccacci che oggi in occasione del processo contro il loro gruppo 'Militia', hanno accettato di rispondere alle domande del pubblico ministero Luca Tescaroli. Le scritte comparse riguardavano tra gli altri l'ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, l'ex presidente del Senato Renato Schifani, il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici e anche il presidente americano George Bush.

Per quanto riguarda Schiavulli, le cui parole sono state in sostanza poi ripetute da Boccacci, ha detto: "Ringrazio la Procura per avermi dato la possibilità di difendere le mie idee. Questo è un atto rivoluzionario. Non mi pento e spero di ottenere la pena più alta possibile. Più sarà alta la pena e più grande sarà il mio sacrificio. Non si possono mettere le manette al cervello. Per quanto mi riguarda non sono un cittadino italiano, sono un cittadino della Repubblica sociale italiana". Secondo Schiavulli l'Olocausto e i campi di concentramento sono una '"fandonia". Parlando poi di Militia ha detto che la sua attività si riduce a degli striscioni, a delle scritte che esprimono un pensiero. Non sono attentati.

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