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Caso Yara: Bossetti tace a pm, difesa 'tortura psicologica' perché confessi

24 novembre 2014 | 16.29
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Caso Yara: Bossetti tace a pm, difesa 'tortura psicologica' perché confessi

Su Massimo Giuseppe Bossetti sono state fatte "inaccettabili pressioni, torture di carattere psicologico" per spingerlo a confessare "anche da coloro a cui è affidata la sua custodia". Sono le parole pronunciate da Silvia Gazzetti che insieme al collega Claudio Salvagni difende il 44enne operaio edile arrestato il 16 luglio scorso per l'omicidio della 13enne Yara Gambirasio. Affermazioni che arrivano al termine dell'interrogatorio chiesto dal pm di Bergamo Letizia Ruggeri in cui Bossetti si è avvalso della facoltà di non rispondere.

"Tutte le dichiarazioni fatte da lui nella volontà di dare una spiegazione di fronte alle contestazioni - spiega l'avvocato Gazzetti - sono state sempre lette in modo univoco, solo per rafforzare la tesi colpevolista, a questo punto ha deciso di non rispondere". La difesa sottolinea anche "i ritardi nell'ottenere gli atti dell'indagine" a disposizione della procura, i "tempi dilatati per poter ottenere da parte di Bossetti la possibilità di telefonare a casa" oppure "la richiesta di vedere il consulente Ezio Denti solo nel parlatoio comune, una chiara violazione dei diritti della difesa". Senza dimenticare che "finora tutti gli atti sono coperti da segreto istruttorio eppure tutto è già stato raccontato e scritto su tv e giornali", aggiunge il legale.

Dal 28 ottobre scorso Bossetti, dopo quattro mesi, ha lasciato l'isolamento e si trova nella sezione 'protetti' (riservata ai detenuti accusati di particolari reati, ndr) del carcere di Bergamo. Non è stata inoltre ancora fissata la data del ricorso in Cassazione avanzato dai legali contro la decisione del Tribunale della libertà di Brescia di negare la scarcerazione del loro assistito. Il pm Ruggeri ha tempo fino al 15 dicembre per poter chiedere il giudizio immediato nei suoi confronti per aver ucciso, con l'aggravante della crudeltà, la 13enne Yara scomparsa il 26 novembre 2010 da Brembate di Sopra. Contro il 44enne c'è quella che per l'accusa è una vera 'pistola fumante': il Dna di Bossetti è stato trovato sugli slip e i leggings della vittima il cui corpo fu trovato senza vita in un campo di Chignolo d'Isola il 26 febbraio 2011.

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