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Bossetti, prego ogni giorno per Yara e i miei figli

26 novembre 2014 | 08.50
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Oggi è il quarto anniversario della scomparsa della 13enne, il cui corpo senza vita fu trovato senza vita in un campo abbandonato di Chignolo d'Isola. Per il suo omicidio è stato arrestato il 44enne muratore che continua a dirsi innocente e prega per la vittima, come racconta all'Adnkronos chi gli sta vicino.

Massimo Giuseppe Bossetti è accusato dell'omicidio di Yara Gambirasio
Massimo Giuseppe Bossetti è accusato dell'omicidio di Yara Gambirasio

Una preghiera per Yara. Non una provocazione per chi si professa credente, non una confessione per chi, da sempre, sostiene di essere innocente. Massimo Giuseppe Bossetti non ha mai smesso di rivolgere, in silenzio, una preghiera per sua presunta vittima. "È la scelta di un uomo credente, è il gesto di un padre di tre figli che, nel rispetto del dolore della famiglia Gambirasio, rivolge un pensiero di umana pietà verso chi non c'è più", racconta all'Adnkronos chi gli sta accanto.

Un assassino forse, una persona a cui va riconosciuta la presunzione di innocenza, "un uomo semplicemente, colpevole o innocente che sia" che non può smettere di pensare a Yara, scomparsa esattamente quattro anni fa (la scheda) . E' il 26 novembre 2010 quando della 13enne ginnasta si perdono le tracce. Tre mesi di ricerche, poi il ritrovamento in un campo di Chignolo d'Isola e le lacrime per mamma Maura e papà Fulvio che oggi, per la prima volta dopo quattro anni, sanno chi è il presunto omicida. "Pregate per i figli di quell'uomo" avevano detto i genitori di Yara da sempre fedeli a una compostezza che non li ha mai fatti gridare al mostro. Bossetti, arrestato lo scorso 16 giugno, continua a dirsi innocente: "non posso confessare ciò che non ho fatto" ripete dietro le sbarre, e prega "per la sua famiglia, per i suoi figli, per chi non c'è più, perché possa tornare a casa, perché possano credere alla sua estraneità nell'omicidio".

Legge il Vangelo insieme al cappellano del carcere, don Fausto Resmini, un aiuto per sopportare la detenzione, un supporto per dimenticare quel che racconta la stampa, un conforto per rileggere gli atti in cui la sua condotta è definita "riprovevole per la gratuità e superfluità dei patimenti cagionati alla vittima", per un'azione "efferata, rivelatrice di un'indole malvagia e priva del più elementare senso di umana pietà". Innocente fino a prova contraria, ma per chi viene additato come un mostro le regole degli uomini talvolta non si applicano "e la preghiera, rispettando il dolore della famiglia Gambirasio, resta l'àncora di un credente".

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