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Natale: testimoni di giustizia, sotto l'albero vorremmo lavoro e dignità

18 dicembre 2014 | 15.03
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Parla il presidente dell'Antg Ignazio Cutrò: ''Non abbiamo soldi, saranno feste senza panettone. Ora sbloccare il decreto attuativo per l'assunzione dei testimoni nella pubblica amministrazione. Lo Stato non faccia fallire le nostre imprese. Sono i mafiosi che devono lasciare le nostre terre con le loro sporche valigie e la coscienza pesante perché continuano a uccidere''

Natale: testimoni di giustizia, sotto l'albero vorremmo lavoro e dignità

''Il regalo più bello che possono fare a un testimone di giustizia è portarlo a lavorare. Lo Stato vince e manda un segnale a Cosa Nostra quando fa tornare al proprio lavoro un imprenditore che ha denunciato il pizzo. Lanciamo un forte appello alle istituzioni: non facciano fallire le nostre imprese. Il lavoro è dignità''. A parlare è Ignazio Cutrò, presidente dell'Associazione nazionale testimoni di giustizia (Antg). A pochi giorni dalla notte di Natale, l'imprenditore di Bivona, comune in provincia di Agrigento, che ha contribuito con la propria testimonianza al processo 'Face Off' all’arresto dei Panepinto, affida a un colloquio con l'Adnkronos lo stato d'animo dei testimoni di giustizia che con le loro parole nelle aule di giustizia hanno testimoniato contro la mafia, contribuendo a far condannare criminali e a scoprire affari illeciti.

''Siamo come i pastori -spiega- aspettiamo che spunti una luce nella notte per andare verso la grotta. Per ora sappiamo che passeremo un Natale senza panettone, perché i soldi non ci sono''. ''Devo ringraziare il vice ministro dell'Interno, Filippo Bubbico, e la commissione centrale di sicurezza -dice ancora il testimone di giustizia- che qualche mese fa mi ha dato un contributo straordinario. L'anno scorso alcune famiglie di carabinieri sono venute a casa nostra e hanno trascorso la Vigilia e il giorno di Natale con noi. Ma ora la situazione è triste...''.

Ad oggi i testimoni di giustizia sono 88, di cui 9 vivono in località di origine. ''Finalmente -rivendica Cutrò- siamo riusciti grazie al nostro impegno, al vice ministro Bubbico che ci ha messo la faccia e al contributo della parte sana della politica a centrare un obiettivo: quello dell'assunzione dei testimoni di giustizia nella pubblica amministrazione".

"E' accaduto in Sicilia -ricorda- grazie al presidente Rosario Crocetta, ma a livello nazionale il decreto attuativo è ancora fermo. Sotto l'albero vorremmo trovare un regalo che per noi è vita: lo sblocco di questa possibilità di occupazione a livello nazionale, e in Sicilia che i testimoni di giustizia fossero assunti prima di Natale. E' tutto pronto, i fondi ci sono, siamo fiduciosi''.

'Sono i mafiosi che devono lasciare le nostre terre con le loro sporche valigie'

Una misura concreta che il governo mette in campo per i testimoni di giustizia, è infatti il decreto di assunzione nella pubblica amministrazione. Una legge dello Stato prevede una 'riserva di posti' per aiutarli. A questa si è aggiunta una legge approvata dalla Regione Siciliana, che prevede per i testimoni siciliani, circa 40, l'assunzione presso strutture regionali o enti locali. Ma la misura non si ferma nell'isola. Per quel che riguarda la legge nazionale è stato definito il decreto attuativo, che è stato inviato al Consiglio di Stato.

Il testo è stato poi rivisto sulla base di alcuni rilievi che erano stati posti, ed è stato ritrasmesso a Palazzo Spada, che dovrebbe approvarlo nel giro di poco tempo. In questo modo, si potrà partire con le altre amministrazioni pubbliche su scala nazionale. ''Lo spirito della legge -rimarca Ignazio Cutrò- è quello di riportare i testimoni di giustizia nella loro terra. Quando questo succederà, la mafia perderà 10 a 0. Vincerà lo Stato, e i cittadini onesti''.

Quanto a lui, ''non finirò dietro una scrivania: voglio riprendere la mia attività di imprenditore -rivendica Cutrò- avevo un'impresa di movimento terra, lavori edili e stradali. Ora sono disoccupato, e i mezzi sono fermi. Freddi come il ferro degli attrezzi. Ho due figli, hanno perso tutto. Ormai i Carabinieri ci hanno adottato e sono diventate le nostre famiglie. Ma manca il lavoro, e il livello di sicurezza è sempre da alzare per proteggere noi e le nostre famiglie".

"Abbiamo scelto di non stare in silenzio: il nostro nemico è la mafia, non possiamo mollare''. ''Non dobbiamo essere noi testimoni a andare via dalle nostre terre -è il grido del testimone di giustizia- sono i mafiosi che devono alzare i tacchi e attraversare lo Stretto di Messina con le loro sporche valigie in mano. E la coscienza pesante, perché hanno ucciso e continuano a farlo''.

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