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Caso Yara: Natale in carcere per Bossetti, legale 'no rito abbreviato'

19 dicembre 2014 | 18.26
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La Procura di Bergamo ha tempo fino al 30 gennaio - termine non perentorio - per chiedere il processo con rito immediato per l'uomo accusato di aver ucciso la 13enne Yara Gambirasio

Caso Yara: Natale in carcere per Bossetti, legale 'no rito abbreviato'

Massimo Giuseppe Bossetti, da sei mesi in carcere, si prepara a trascorrere il Natale nel carcere di Bergamo, in attesa della Cassazione - chiamata a decidere dopo il no alla scarcerazione del Tribunale della Libertà di Brescia -, e mentre le indiscrezioni su presunti testimoni a suo svantaggio si rincorrono. Lui, assistito dall'avvocato Claudio Salvagni, non arretra di un centimetro: "sono innocente, non posso confessare quello che non ho fatto", ripete dal 16 giugno scorso quando per lui scattano le manette con l'accusa di aver ucciso la 13enne Yara Gambirasio.

Il pm di Bergamo Letizia Ruggeri non scopre le sue mosse: la Procura ha tempo fino al 30 gennaio - termine non perentorio - per chiedere il processo con rito immediato che accorcia i tempi 'saltando' l'udienza preliminare. Una scelta che l'accusa adotta in caso di prove evidenti contro l'imputato: è il Dna del presunto colpevole trovato sul corpo della vittima la 'pistola fumante' per l'accusa. Un elemento su cui la difesa è pronta a dare battaglia. La strategia difensiva sembra già decisa: "si va a dibattimento - dice l'avvocato Salvagni interpellato dall'Adnkronos -, nessun rito abbreviato". Parole che seguono il recente j'accuse - "su Massimo Giuseppe Bossetti sono state fatte inaccettabili pressioni, torture di carattere psicologico per spingerlo a confessare" - e che preparano un processo tutt'altro che facile.

Il 26 novembre 2010, il giorno della scomparsa della 13enne, il furgone bianco di Bossetti si sarebbe aggirato per circa un'ora vicino al centro sportivo di Brembate di Sopra dove Yara va a consegnare uno stereo e da dove si perdono le sue tracce, è l'ultima presunta novità dell'inchiesta. Contro il 44enne operaio edile, oltre al suo Dna trovato sulla vittima, c'è la calce trovata nei polmoni della 13enne compatibile con il lavoro dell'indagato, i tabulati telefoni che collocano nello stesso posto la vittima e il presunto carnefice nel momento del delitto, la tesi della procura. Punti su cui il difensore fornisce una spiegazione diversa.

La condotta di Bossetti, scrive il giudice delle indagini preliminari è "particolarmente riprovevole per la gratuità e superfluità dei patimenti cagionati alla vittima, con un'azione efferata, rivelatrice di un'indole malvagia e priva del più elementare senso di umana pietà". Mancano le ultime relazioni sui mezzi sequestrati, sui computer e sui cellulari del muratore da cui, secondo indiscrezioni, non emergerebbe nulla col valore di prova. Salvagni si dice certo di "poter smontare tutti gli indizi dell'accusa". Non resta che attendere.

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