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Brindisi: nel '91 ucciso a 16 anni da vigile, Comune chiede indietro risarcimento

30 gennaio 2015 | 16.11
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La petizione del fratello della vittima su Change.org: "Dolore senza fine. Comune rinunci al denaro per motivi umanitari, rischio il pignoramento dei miei beni e di un quinto del mio stipendio".

Nella foto, Mario De Nuzzo (Change.org/Antonio De Nuzzo)
Nella foto, Mario De Nuzzo (Change.org/Antonio De Nuzzo)

"Rischio il pignoramento dei miei beni e di un quinto del mio stipendio. Mi appello al Comune di Oria affinché non chieda indietro il risarcimento per la morte di mio fratello". A scrivere è Antonio De Nuzzo, fratello di Mario, sedicenne ucciso nel 1991 da un vigile urbano in servizio. L'uomo, protagonista di una vicenda paradossale, ha lanciato ieri su Change.org una petizione - indirizzata al Commissario prefettizio del Comune di Oria (Brindisi) Pasqua Erminia Cicoria - che ha raccolto in meno di 24 ore oltre 16 mila firme.

Spiega De Nuzzo nel testo dell'appello diretto all'Amministrazione del comune nel brindisino: "Nel 1991 mio fratello Mario, di appena 16 anni, veniva ucciso con un colpo di pistola dietro la nuca da un vigile urbano in servizio, davanti a sette testimoni. La sua unica colpa, l'aver tentato di scavalcare un muretto per assistere al palio cittadino. Il vigile è stato condannato con sentenza definitiva a 16 anni di carcere, ma ne ha scontati soltanto la metà. Non gli è mai stato imposto di risarcire la mia famiglia: la responsabilità è ricaduta sull'Amministrazione, per la quale il vigile prestava servizio".

"Il Comune di Oria (Brindisi), il nostro paese, è stato quindi chiamato a corrispondere ai miei genitori più di 500 mila euro di risarcimento. Dopo due sentenze di condanna in primo e secondo grado - continua De Nuzzo - il Comune ha fatto ricorso: adesso, a distanza di più di 20 anni dall'uccisione di mio fratello, la mia famiglia deve restituire la somma che ha ricevuto, con tanto di interessi e rimborsi legali. Quei soldi, però, non li abbiamo più: sono stati utilizzati dai miei genitori per costruire la cappella di famiglia e per terminare la casa dove oggi vive mio padre. Parte del denaro, poi, è stata spesa per curare mia madre, ammalatasi, e poi morta, dopo la scomparsa di mio fratello".

"Sono passati più di vent'anni e al dolore e alla sofferenza sembra non sia possibile mettere fine. Nel frattempo - scrive l'uomo - mi sono sposato e ho fatto due bambini. E per la mia famiglia vorrei la serenità che io non ho avuto. Adesso, però, rischio il pignoramento dei miei beni e di un quinto del mio stipendio. Il Comune di Oria, con una delibera, potrebbe rinunciare a questi soldi per motivi umanitari. Faccio appello all'Amministrazione cittadina e al Commissario prefettizio Pasqua Erminia Cicoria perché rinuncino al denaro, permettendo alla mia famiglia una vita finalmente serena".

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