Le informazioni ricavate potranno aiutare gli scienziati a comprendere meglio le tecniche di sopravvivenza del virus così da combatterlo con maggiore efficacia
Scienziati dell'università di Oxford hanno riprodotto per la prima volta l'intero involucro di protezione di un virus dell'influenza A, grazie a una simulazione virtuale che ha utilizzato tecniche di cristallografia, spettroscopia, microscopia crioelettronica e lipidomica. Si tratta del primo modello completo della 'busta' che avvolge una singola particella virale di influenza A, e viene descritto da Tyler Reddy dell'ateneo britannico a Baltimora (Usa), durante il 59esimo meeting annuale della Biophysical Society.
La relazione di Reddy - specificamente impegnato nello studio delle proteine di membrana, fra cui quella responsabile della più comune forma di nanismo umano (acondroplasia) - si basa su un lavoro di dinamica molecolare co-firmato da Daniel Parton, oggi in forze al Memorial Sloan Kattering Center di New York, che da anni progettava di ricostruire completamente il 'guscio' del virus influenzale.
I ricercatori sono riusciti anche a studiare le traiettorie virali possibili a differenti temperature e la composizione lipidica della membrana protettiva. Informazioni chiave che potranno aiutare gli scienziati a comprendere meglio le tecniche di sopravvivenza del virus nell'ambiente o all'interno di un 'ospite', così da combatterlo con maggiore efficacia.
Tra le informazioni emerse dallo studio, ce n'è una relativa alla particolare disposizione delle proteine che sporgono dall'involucro virale, e che indicherebbe la possibilità di utilizzare anticorpi bivalenti (a forma di 'Y') disegnati per attaccare il germe in 2 punti diversi contemporaneamente.
Non solo. Capire com'è fatto strutturalmente il guscio nel quale il virus è 'imbustato può aiutare a studiare i tempi di sopravvivenza del virione in ambienti diversi, per esempio l'acqua dei fiumi. Un dato interessante, poiché precedenti ricerche hanno indicato che la presenza di virus dell'influenza A nei fiumi permetteva agli uccelli acquatici di entrare in contatto contemporaneamente con il microbo e con residui di composti antivirali utilizzati dall'uomo, spianando la strada alla possibile selezione di ceppi influenzali resistenti ai farmaci.