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Milano: chiesta estradizione in Russia per Tyurina, legale 'è perseguitata'/Adnkronos

26 febbraio 2015 | 19.24
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Ekaterina Tyurina rischia di finire in Russia per un reato "inesistente" e che "non ha commesso" e chiede asilo in Italia "per evitare la deportazione e il carcere". La 38enne, originaria di Mosca ma residente nella Repubblica Ceca, risulta ricercata dall'Interpol per "truffa ai danni dello Stato per sottrazione di erogazione pubbliche

Ekaterina Tyurina
Ekaterina Tyurina

Ekaterina Tyurina rischia di tornare in Russia per un reato "inesistente" e che "non ha commesso" e chiede asilo in Italia "per evitare la deportazione e il carcere". È la stessa donna a raccontare, insieme al suo avvocato Pasquale Pantano, la sua storia che ricorda quella del film "Leviathan" dove una famiglia non ha la possibilità di difendere la sua proprietà. È lo scorso 4 agosto quando la 38enne si è ritrova con le manette ai polsi per una presunta truffa milionaria messa a segno in Russia, truffa aggravata di 82 milioni di rubli, pari a 1,7 milioni di euro.

L'arresto scatta durante la vacanza in famiglia a Lignano Sabbiadoro in forza di un mandato di cattura internazionale emesso dal tribunale di Tverskoy. La 38enne, originaria di Mosca ma residente in Repubblica Ceca, risulta ricercata dall'Interpol per "truffa ai danni dello Stato per sottrazione di erogazioni pubbliche; reato - spiega il legale - che non esiste in Russia", e che viene 'trasformato' di fronte alle contestazioni della difesa in "truffa di un immobile". Il tribunale di Trieste dopo quattro giorni di carcere decide per l'obbligo di dimora, poi trasformato in obbligo di dimora a Milano dove risiede l'avvocato della donna, madre di tre figli di 8,10 e 12 anni.

La decisione sull'estradizione però è tuttora aperta: il prossimo 4 marzo si discuterà in Cassazione e l'avvocato è pronto a dare battaglia sottolineando la "carenza di motivazioni", ma anche che "in Italia il reato contestato è prescritto e ciò annulla l'estradizione" e inoltre che esistono "ragioni speciali per trattenerla. Conto di lei non ci sono prove: è solo colpevole di contumacia nel processo - di cui non è stata avvisata dell'esistenza - e per questo se fosse estradata andrebbe direttamente in carcere, prima di essere nuovamente processata".

Domani l'avvocato Pantano presenterà domanda di asilo "perché ricorrono i presupposti del perseguitato" spiega. Se la Cassazione invece dovesse respingere la richiesta di no all'estradizione "sarà deportata in Russia con il bene placido delle autorità italiane". Una vicenda che, a dire del legale, ricorda quella di Alma Shalabayeva - la moglie del dissidente kazako Ablyazov, prelevata nella sua casa di Roma dalle nostre forze dell’ordine nel maggio 2013 -.

La storia di Ekaterina è un tuffo nel passato nella Russia, una storia iniziata "più di 20 anni fa" e che ha come protagonista il negozio, una sorta di centro commerciale di 3mila metri quadri nel centro di Mosca, ora sotto sequestro, che ha un valore "di circa 30 milioni di dollari". Un'attività a conduzione familiare che appartiene alla madre del marito (Garerv Il'Dar Akhmetovich) e in cui la 38enne ha delle quote a partire dal 2002 quando la zia del marito fa un contratto di donazione. È con la morte della donatrice, nel 2005, che i soci di minoranza mettono in dubbio il documento di donazione e iniziano quattro processi civili, tutti vinti sostiene l'avvocato.

Ma i soci di minoranza - dice la donna - non si fermano e inizia un processo penale contro Ekaterina accusata di aver falsificato la firma sul contratto di donazione, mentre "la perizia certifica l'autenticità della firma", evidenzia la difesa. Ed è il tentativo di sottrarre quei documenti che costa il pestaggio degli avvocati russi, mentre nessun effetto avrebbe avuto una lettera scritta dalla donna a Vladimir Putin. Per lei, non avvisata neanche dell'inizio del processo, "l'assenza nell'aula del tribunale costa la contumacia e il mandato di arresto internazionale".

Una spy story che riguarda anche il marito: Garerv Il'Dar Akhmetovich viene arrestato nel dicembre scorso nella loro casa a Praga, "viene accusato di essere il mandante di un vecchio omicidio, già chiuso con l'arresto dei responsabili", caso "riaperto dopo la testimonianza resa da una socia di minoranza", (la stessa socia di minoranza del negozio al centro della storia di Ekaterina).

Ekaterina, che sente telefonicamente il marito tre volte la settimana, se potesse tornerebbe indietro "vorrei vendere quel negozio, non vogliamo più tutto questo dopo 10 anni di processo" e si dice solo contenta di non essere stata arrestata davanti ai suoi figli: "Sarebbero stati traumatizzati in modo indelebile per il resto della loro vita. Dei nostri figli che vivono a Praga se ne occupa mia madre di 75 anni, una persona anziana e malata. Sono sotto stress e - conclude la donna - hanno paura".

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