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Terrorismo, allarme dei Servizi: "Dalla Libia possibile minaccia diretta per l'Italia"

27 febbraio 2015 | 15.06
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Relazione dell'Intelligence: "Il nostro Paese potenziale obiettivo per la sua valenza simbolica ma non sono emerse attività ostili in territorio nazionale riconducibili allo Stato Islamico". E si sottolinea: "Plausibile il rischio di infiltrazioni dai flussi dell'immigrazione". Boia dell'Is, bufera su intelligence Gb. Mohammed Emwazi, cittadino britannico, viveva nella zona ovest di Londra. Mosul, jihadisti distruggono le statue del museo (Video). Allarme in Siria, "280 i cristiani assiri rapiti"

Terrorismo, allarme dei Servizi:

Cresce il rischio attentati in Italia e dalla crisi in Libia può arrivare una minaccia diretta al nostro Paese. A lanciare l'allarme sono i Servizi nella Relazione dell'Intelligence 'Sulla politica dell'informazione per la sicurezza' relativa al 2014 e trasmessa al Parlamento.

Minaccia dalla Libia - Il Rapporto rileva che "lo scenario libico può trasformarsi in una minaccia diretta per l’Italia, come fattore di destabilizzazione dell’intera regione, ma anche quale potenziale piattaforma per proiezioni terroristiche, vulnus per gli approvvigionamenti energetici, snodo per l’immigrazione clandestina".

Per quanto riguarda la Libia è stato garantito "un efficace presidio informativo nel Paese, teatro di assoluta importanza che vede l’Italia convintamente impegnata, a sostegno ed in armonia con l’azione delle Nazioni Unite, a scongiurarne la frammentazione ed a sostenere un processo politico di transizione inclusivo nel quale possano pacificamente e democraticamente riconoscersi tutte le componenti di quel popolo".

Italia potenziale obiettivo - "La minaccia del terrorismo internazionale interessa anche l’Italia, potenziale obiettivo di attacchi pure per la sua valenza simbolica di epicentro della cristianità evocata, di fatto, dai reiterati richiami alla conquista di Roma presenti nella propaganda jihadista", si legge nella Relazione. "Ad oggi - si legge nel testo - non sono comunque emerse attività o pianificazioni ostili in territorio nazionale riconducibili allo Stato Islamico o ad altre formazioni del jihad globale".

Aumenta rischio in Europa - "In Europa, la minaccia terroristica di matrice jihadista, attestata negli ultimi anni su livelli significativi ma stabili, nel 2014 ha fatto registrare un trend crescente", culminato, nel gennaio scorso, nell’attentato di Parigi a Charlie Hebdo, si legge nella Relazione. "Gli eventi francesi - si sottolinea - valgono a ribadire i tratti, l’attualità e la concretezza di una minaccia" che "trova il profilo di maggiore insidiosità nell’estremismo homegrown, un’area di consenso verso il jihad violento che spesso riflette processi di radicalizzazione individuali ed 'invisibili'".

"Nel contempo - rileva l'Intelligence - il rischio di nuovi attacchi in territorio europeo, e più in generale in Occidente, rimanda alle più recenti evoluzioni del quadro della minaccia, caratterizzato dalla progressiva affermazione di al Baghdadi e dalla connessa, rivitalizzata effervescenza del jihad globale".

Per i Servizi di sicurezza "è da ritenersi crescente il rischio di attacchi in territorio europeo ad opera di varie “categorie” di attori esterni o interni ai Paesi-bersaglio: emissari addestrati e inviati dall’Is o da altri gruppi, compresi quelli che fanno tuttora riferimento ad al Qaida; cellule dormienti; foreign fighters di rientro o “pendolari” dal fronte (commuters); familiari/amici di combattenti (donne incluse) attratti dall’“eroismo” dei propri cari, specie se martiri; 'lupi solitari' e microgruppi che decidano di attivarsi autonomamente (self starters)".

"Ciò sulla spinta -viene rilevato- anche di campagne istigatorie che ritengono pagante trasformare il Continente europeo in 'terreno di confronto': con l’Occidente, in chiave di rivalsa, e tra le stesse componenti della galassia jihadista, nel quadro di dinamiche di competizione tutt’altro che univoche".

Anche donne pronte a colpire - La Relazione parla di "un rischio crescente di attacchi in territorio europeo, anche a opera di familiari/amici di combattenti (donne incluse) attratti dall’'eroismo' dei propri cari, specie se martiri". I rischi di attacchi terroristici, si legge, possono essere "opera di varie 'categorie' di attori esterni o interni ai Paesi-bersaglio".

Rischio infiltrazioni da immigrazione - Il "rischio di infiltrazioni terroristiche nei flussi via mare" è una "ipotesi plausibile", si osserva nella Relazione. Un rischio che, si precisa però nel testo, "sulla base delle evidenze informative disponibili non ha sinora trovato concreto riscontro". "Si pongono tuttavia quale potenziale vettore di minaccia le rilevate collaborazioni e intese contingenti in estese zone del Nord Africa e della regione sahelo-sahariana tra organizzazioni di trafficanti e gruppi armati di matrice islamista, favorite talora dai legami tribali o familiari esistenti tra componenti delle diverse formazioni".

"Sempre all’attenzione è poi l’eventualità - spiegano dal comparto dell'Intelligence - che circuiti radicali di ispirazione jihadista possano ricercare, a fini di proselitismo, spazi d’influenza nei Centri di immigrazione presenti sul territorio nazionale, esposti a ricorrenti situazioni di congestione e permeabili all’azione di sodalizi criminali interessati a favorire la fuga dei migranti".

Possibili azioni dimostrative di stampo brigatista - Sono "ipotizzabili azioni dimostrative di modesto spessore" di stampo brigatista, "riconducibili a elementi determinati ad orientare politicamente le istanze più radicali della protesta, nonché a stimolare fenomeni emulativi e spinte aggregative nell’area di riferimento", si legge ancora nella Relazione.

Social network - Per quanto riguarda l'attività di proselitismo dei jihadisti, osservano i Servizi, "si è registrata la tendenza a privilegiare i social network, attraverso i quali, tra l’altro, i foreign fighters europei, per spronare i connazionali correligionari, alimentano un’informazione parallela ai comunicati 'ufficiali' dei gruppi armati – peraltro sempre più spesso sottotitolati o tradotti in italiano – diffondendo immagini di guerra, eulogie dedicate ai martiri e testimonianze della loro esperienza accanto ai fratelli provenienti da tutto il mondo".

"In questo contesto - scrivono dall'Intelligence - appare sempre più concreto il rischio che nel magmatico universo della messaggistica agiscano veri e propri centri di reclutamento per aspiranti jihadisti, in grado di intercettare la domanda di estremisti homegrown che, insoddisfatti da un impegno esclusivamente virtuale e del ruolo di meri divulgatori, aspirino a trasferirsi nel teatro siro-iracheno".

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