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Caso Yara: criminologo Denti, in carte inchiesta no prove contro Bossetti

05 marzo 2015 | 19.07
LETTURA: 4 minuti

Per il criminologo investigativo, quasi 60mila pagine e neanche un elemento che possa in qualche modo coinvolgerlo nell'omicidio di Yara Gambirasio. Per cui, sostiene, non vi sono dubbi sul fatto che le indagini per trovare chi ha ucciso la 13enne di Brembate di Sopra debbano a questo punto dirigersi altrove

  Yara Gambirasio
Yara Gambirasio

"Nessuna 'prova', né tantomeno 'prova regina'" le quasi 60mila pagine dell'inchiesta contro Massimo Bossetti, in carcere con l'accusa di aver ucciso Yara Gambirasio, hanno portato "a una presa di coscienza del fatto di star combattendo una giusta battaglia per la verità" perché tra i documenti della procura di Bergamo "non si evince alcun elemento dotato di fondatezza né di reale valenza probatoria contro l’indagato". Il criminologo investigativo Ezio Denti non usa giri di parole per spiegare il suo punto di vista sull'omicidio della 13enne di Brembate di Sopra.

Una convinzione non legata a un mandato - "ho sempre detto che qualora fosse emerso un solo elemento realmente fondato a carico di Bossetti, non sarei mai sceso a compromessi con cavilli giuridici di sorta e avrei rimesso il mandato senza alcuna esitazione" - e che ora lo porta, se possibile, ad affrontare il caso "con maggiore determinazione".

Per Denti, parte del pool difensivo dell'indagato, "è sufficiente pensare che la maggior parte delle attività di indagine svolte a seguito del fermo di Bossetti risulta essere stata dedicata a una serie di intercettazioni, verosimilmente tese ad ottenere in qualsiasi modo una qualche ammissione di colpa, ma la confessione non è mai arrivata". Le intercettazioni, "per quanto si sia forzatamente tentato di darne una lettura parziale e suggestiva, non mostrano alcun elemento degno di nota ai fini delle indagini" se non un'attenzione "quasi esasperata" su altri aspetti della vita privata di Bossetti.

"L'attenzione nei confronti dell’indagato - evidenzia Denti - e delle sue parole sembra piuttosto essere indice di una certa consapevolezza dell’assenza di riscontri ulteriori". E non c'è "nessun elemento concreto dal quale si possa desumere un qualche legame tra la giovane vittima e l’indagato, nessuna ricostruzione verosimile dei fatti, e soprattutto nessuna risposta ai troppi, più che ragionevoli dubbi sorti negli ultimi mesi".

Per il criminologo investigativo "appare in un certo senso preoccupante il fatto che si evinca dalla documentazion e come la concentrazione dell’attività sulla sola figura di Bossetti si sia svolta di fatto a scapito dell’approfondimento di molti altri elementi potenzialmente dotati di interesse investigativo e frontalmente trascurati per troppo tempo". Tutto questo "non può che costituire uno sprone a portare avanti il mandato con rinnovata convinzione".

Nonostante negli ultimi giorni "con rinnovata virulenza la trattazione mediatica del caso sia stata segnata da un crescendo di disinformazione e dalla diffusione a tambur battente di notizie chiaramente orientate", secondo Denti l'"eccessivo clamore mediatico a senso unico" e "un imprudente e avventato annuncio istituzionale che ha contribuito sin dal primo giorno alla creazione di un clima parziale e oggettivamente sfavorevole", la sostanza non cambia: "per oltre otto mesi ogni aspetto della vita di Massimo Bossetti è stato sezionato, senza che trapelasse nulla di correlabile al delitto. E allora diviene chiaro - conclude - come non ci sia, e soprattutto non ci sia mai stata, nessuna 'prova', né tantomeno 'prova regina'".

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