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Giornalismo: videomessaggio direttore Charlie Hebdo a festival Perugia

17 aprile 2015 | 14.57
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Gerard Biard in un videomessaggio inviato al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia: "Purtroppo come sapete quello che è accaduto a gennaio ha messo 'Charlie' diciamo, in gran difficoltà materiali e umane

Il direttore di 'Charlie Hebdo', Gerard Biard
Il direttore di 'Charlie Hebdo', Gerard Biard

"Vogliamo far capire a tutti non soltanto ai francesi, ma a tutti gli europei, a tutta la gente del mondo, a tutti i democratici del mondo che esercitare un diritto non è una provocazione". Parla così Gerard Biard, direttore di 'Charlie Hebdo' in un videomessaggio inviato al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia. Biard, che era stato invitato, spiega nel messaggio: "Purtroppo come sapete quello che è accaduto a gennaio ha messo 'Charlie' diciamo, in gran difficoltà materiali e umane. Mi piacerebbe essere lì con voi a Perugia. Tra l’altro conosco già Perugia, una bella città. Però sono obbligato di rimanere a Parigi che è bella lo stesso".

Biard sottolinea che "a Charlie abbiamo continuato a fare quello che abbiamo sempre fatto. Perché anche se quello che è accaduto è terribile, abbiamo voluto andare avanti perché vogliamo far capire a tutti non soltanto ai francesi, ma a tutti gli europei, a tutta la gente del mondo, a tutti i democratici del mondo che esercitare un diritto non è una provocazione".

"Siamo stati spesso accusati di essere provocatori - dice il direttore di 'Charlie' - perché abbiamo usato il diritto della libertà di espressione, della libertà di satira, della libertà di caricatura, e della libertà di blasfemia". E spiega che "la blasfemia è importante non perché è un piacere bestemmiare", ma perché "è una forma di contestazione dell’autorità, e questo in democrazia è fondamentale. Se una democrazia proibisce la blasfemia, se la punisce con la legge non è più una democrazia, perché punisce la contestazione dell’autorità". Biard ricorda che a Parigi non è stata colpita solo "la libertà di espressione, la laicità", ma "il cuore dell'idea politica della democrazia". "Abbiamo visto con l'attentato a Copenhagen che questa gente, il dibattito, non lo vuole, lo rifiuta. E questo non è possibile. Se rifiutiamo il dibattito siamo morti. E noi siamo sempre vivi", conclude.

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