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Mafia: pentito Galatolo, era pronto attentato a pm Di Matteo

07 maggio 2015 | 10.35
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"Cosa nostra stava preparando un attentato al pm Nino Di Matteo, si stava organizzando il piano di morte sia a Palermo che a Roma. Erano già pronti 200 kg di tritolo. Doveva essere ucciso perché stava andando troppo avanti in certe situazioni. A dare l'ordine fu Matteo Messina Denaro". A raccontarlo in aula è il pentito di mafia, Vito Galatolo, deponendo al processo sulla trattativa Stato-mafia in videocollegamento con l'aula bunker Ucciardone di Palermo. Rispondendo alla domanda del Procuratore aggiunto Vittorio Teresi, che gli chiede perché ha deciso di collaborare con la giustizia, Galatolo dice: "Sentivo che potesse succedere qualcosa di molto grave. Siamo stati avvicinati da persone di Cosa nostra che volevano fare un attentato al dottor Di Matteo". "Si stava organizzando sia Palermo che Roma - sottolinea - abbiamo avuto degli agganci per fare un agguato al magistrato a Roma". E racconta: "Quando venni arrestato il 23 giungo 2014 venni portato al carcere di Tolmezzo e dopo un mese e mezzo venni sapere che era stato scarcerato Vincenzo Graziano, della famiglia dell'Acquasanta. La mia preoccupazione era che lui voleva fare un attentato perché era in possesso di 200 kg di tritolo. E io mi sentivo la coscienza sporca". Spiega ancora di avere deciso di collaborare "per il futuro dei miei figli, che hanno 18 anni, 14 anni e 20 mesi. Voglio dargli un futuro e non voglio che facciano la vita che ho fatto io".

Galatolo racconta che l'ordine arrivò direttamente dal boss latitante Matteo Messina Denaro e parla di una lettera del capomafia ricercato da vent'anni. "La lettera fu letta da Girolamo Biondino - dice il pentito - disse che bisognava fare un attentato al dottor Di Matteo perché, stava andando oltre e ciò non era possibile anche per rispetto ai vecchi capi che erano detenuti".

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