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Bari, blitz contro il clan Strisciuglio: armi nascoste nei loculi del cimitero /Video

07 luglio 2015 | 08.04
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Un blitz dei Carabinieri del Comando Provinciale di Bari ha portato a circa 40 arresti a carico di esponenti del potente clan mafioso barese degli Strisciuglio, in esecuzione di ordinanze di custodia cautelare emesse del giudice per le indagini preliminari di Bari su richiesta della Dda della Procura della Repubblica di Bari.

I carabinieri del Reparto Operativo di Bari hanno ricostruito anni di egemonia del clan mafioso e di dominio in settori vitali dell’economia, primo fra tutti il settore edile locale, dove viene registrata la doppia imposizione del pizzo a imprenditori che pur di lavorare tranquilli hanno pagato sia gli Strisciuglio sia gli uomini del clan Di Cosola, duramente colpito con i 62 arresti dell’operazione 'Pilastro', del 21 aprile scorso. Nessun cantiere era esentato, anche quello di una scuola elementare in costruzione nella zona di Palese è finito sotto estorsione.

Le documentate infiltrazioni nella tifoseria del Bari Calcio, evidenziano il tentativo dei clan di pesare anche all’interno dello stadio San Nicola, come emerso in occasione di recenti concerti musicali di artisti di fama nazionale. Il clan usava i loculi del cimitero per nascondere armi e munizioni: dietro la lapide di un ignaro professore morto nel 1962 sono state trovate pistole e munizioni. Anche una micidiale bomba a mano tipo 'ananas' nella disponibilità del clan, in grado di far saltare in aria un’abitazione o un negozio.

Ricostruite anche le dinamiche dei riti di affiliazione mutuati dalla camorra campana e bloccati dai fratelli Strisciuglio perché ritenuti troppo pericolosi per la segretezza del clan. Infatti, il rito prevedeva che il nuovo giunto nel clan fosse presentato ufficialmente a tutti gli altri affiliati dal padrino, che lo annunciava dicendo: "Questo è un mio ragazzo".

Iniziava poi la carriera interna al clan con i 'gradi di battesimo', dopo il quarto grado si aveva facoltà di fondare un proprio clan. L’affiliazione garantiva economicamente la famiglia in caso di arresto dell’affiliato. I familiari ricevevano una somma mensile detta 'spartenza' ed era cosi che i capi, anche se in carcere, potevano garantire un alto tenore di vita alle famiglie.

Confermato anche in questa indagine il ruolo chiave di messaggere svolto dalle donne del clan, che aggiornavano i capi in carcere sulle dinamiche di affiliazione, riuscendo a far entrare nelle celle anche la droga.

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