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Strage Bologna: Giuseppe, dallo skateboard a maestro elementare

31 luglio 2015 | 12.04
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(Foto dal sito www.associazionepereira.it)
(Foto dal sito www.associazionepereira.it)

di Francesco Saita - "Mio padre riconobbe il posto dove la bomba mi aveva seppellito e mi trovò. A dirgli che ero lì sotto fu il mio skateboard, che affiorava tra le macerie". Giuseppe Soldano, all'età di 14 anni, stava rientrando dalla Puglia, via Bologna, a Merano, dove avrebbe dovuto seguire un corso di canoa. "Il 2 agosto del 1980 aspettavamo la coincidenza del treno - racconta Giuseppe all'Adnkronos - . Mi sono svegliato dopo due giorni in ospedale, sono stato uno dei primi a essere trovato e portato al Maggiore".

Curate le ferite del corpo "fino ai 45 anni, per circa 30 anni, ho fatto una vita basata sulla mia fisicità, ritenendomi quasi invincibile, facendo sport estremi, forte della 'strana' consapevolezza di essere in grado, ormai, dopo Bologna, di affrontare tutto". Canoa in posti estremi, speleologo, rocciatore. Poi un cambio di vita: "Divento maestro elementare, dopo essermi sposato con Paola nel 2006 e laureato". "Perché dai bambini - spiega - ho la stessa adrenalina che ricavavo dagli sport estremi, dalla sfida con il mio corpo".

Un cambiamento iniziato con la scomparsa del padre, nel 2000, "con lui non abbiamo mai parlato di quanto successo a Bologna quella mattina". I ricordi tenuti nascosti "per una forma di pudore, che non so definire meglio, con mia mamma che mi racconta, ora, quello che diceva papà". Più passa il tempo e e più il dolore passa? "Non direi - risponde Giuseppe - perché con il tempo cerchi di capire sempre di più e non si riesce a metabolizzare, a immaginare come sarebbe stata la vita senza quella mattina".

Giuseppe lo skateboard "professionale" di Bologna lo conserva ancora: "Ci vado ancora ogni tanto con lo skate, ne ho anche altri". "Bologna mi ha aiutato a fare la vita che avevo nel dna - dice ancora - , spingendomi a fare scelte come la canoa estrema". "Dopo quello che mi è successo non potevo certo lavorare in un ufficio, al chiuso, stretto. In classe sto sempre in piedi, mi muovo tanto, mai allo stesso posto, sempre tra i ragazzi", conclude Soldano.

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