E' un continuo via vai nel centro Baobab di via Cupa, a Roma, dove da mesi centinaia di 'transitanti' trovano accoglienza dopo la traversata del Mediterraneo prima di ripartire verso il Nord Europa. Nella struttura migranti e volontari collaborano per fare in modo che si possa continuare a dare assistenza a chi fa tappa nella Capitale.
Fuori alcuni migranti si riparano dal sole all'ombra degli alberi di via Tiburtina o sotto alcuni gazebo montati in strada mentre i più piccoli giocano a pallone. "Qui la maggior parte dei profughi - racconta all'Adnkronos una volontaria - si ferma per due o tre giorni e poi riparte per raggiungere i parenti, in Germania nella maggior parte dei casi".
I numeri del centro da mesi sono costanti e "la settimana scorsa - dice un'altra volontaria - abbiamo sfiorato le 800 presenze. Oggi la situazione è più tranquilla e a pranzo oggi abbiamo assistito circa 500 migranti, tra loro tante donne e bambini".
Per il Baobab la gara di solidarietà partita dai residenti da giugno non si è mai fermata. Un ragazzo si affaccia dal portone del centro con un pacco di vestiti e li consegna a una volontaria: "Se posso dare una mano - dice - mi fermo volentieri".
"Noi andiamo avanti soprattutto grazie a chi come lui ci porta generi alimentari - raccontano i volontari - beni di prima necessità. Qui arrivano cittadini che danno una mano, ognuno come può, chi per un'ora, chi per intere giornate. Un giorno mancavano i piatti - racconta una studentessa che aiuta il centro - e con un passaparola in poco tempo è arrivata una signora che ci ha portato i piatti. Qui funziona cosi'".
"Ma - denuncia una volontaria - si può delegare tutta l'accoglienza senza che le istituzioni intervengano adeguatamente per un'emergenza nota e non più improvvisa? Da un mese vengo qui quasi tutti i giorni e offro il mio tempo, giochiamo con i bambini, smistiamo gli abiti, prepariamo i kit con i beni di prima necessità per chi arriva e chi parte".
"Le istituzioni sono state spesso assenti e io - dice la volontaria - sono qui per cercare di dare quel minimo di accoglienza che spetta a ogni essere umano. Ma penso che le istituzioni dovrebbero fare qualcosa di più".