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Marino dal pm per caso scontrini. Il legale: "Non è indagato"

19 ottobre 2015 | 16.37
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Ignazio Marino (foto Infophoto) - INFOPHOTO
Ignazio Marino (foto Infophoto) - INFOPHOTO

Si è concluso alle 20, dopo circa 4 ore, l'incontro in procura di Ignazio Marino con il pm Roberto Felici, a cui era presente anche il procuratore aggiunto Francesco Caporale. Marino avrebbe portato documenti, si sarebbe difeso, avrebbe negato di aver commesso peculato e avrebbe negato che le cene di cui si ha riscontro negli scontrini siano avvenute con la moglie: questa l'indiscrezione che si è appresa a piazzale Clodio sulle dichiarazioni spontanee fatte dal chirurgo dem. Al pm Felici è affidato il fascicolo, sulle spese sostenute da Marino in qualità di primo cittadino, aperto a seguito degli esposti presentati da Fdi e M5s.

Il legale - "Finalmente la verità sta venendo a galla. Marino è una persona super perbene ed è un mascalzone chi lo accusa", ha detto Enzo Musco, legale del sindaco dimissionario, all'Adnkronos. Il sindaco ha chiarito "che tutte le sottoscrizioni a suo nome in calce a tali giustificativi non sono autentiche, come può facilmente rilevarsi a occhio nudo e come è stato peraltro già comunicato da vari siti web romani", ha precisato Musco in una nota, evidenziando ancora che Marino "non è indagato e, più in generale, con riferimento a questa vicenda, non risulta iscritta alcuna notizia di reato".

L'avvocato Musco ha aggiunto poi che Marino ha chiarito al pm che "non ha mai richiesto la carta di credito, che gli è stata invece attribuita dagli uffici. E che non è stato lui a richiedere il riallineamento del plafond della carta da 10mila a 50mila euro, come era nella precedente amministrazione". E ancora che "la seconda carta di credito, attribuita al capo del cerimoniale, è stata richiesta per facilitare i pagamenti in occasione di eventi pubblici".

Marino ha spiegato "che nella quasi totalità dei casi i giustificativi ricollegano la causale della cena alla tipologia dell'ultimo appuntamento della giornata programmato nell'agenda del sindaco; che ciò è certamente dipeso dal fatto - conosciuto solo adesso - che la ricostruzione delle causali delle cene è avvenuta a distanza di molto tempo da parte degli uffici del Comune, i quali, non ricordando la vera finalità istituzionale della cena, ne hanno evidentemente indicata una compatibile con l'ultimo appuntamento in agenda". Tale agenda, si legge ancora nella nota, "che non è quella cartacea ma quella in formato elettronico, era a disposizione e consultabile da moltissimi uffici del Comune, per un totale di circa 50 o 60 persone".

Marino ha anche chiarito che "nella quasi totalità dei casi i giustificativi recano quale data dell'apparente sottoscrizione del sindaco lo stesso giorno dell'evento: il che è chiaramente impossibile perché implicherebbe che il sindaco, terminata la cena, sia rientrato in Campidoglio a sottoscrivere il giustificativo" e "che in alcuni casi tali giustificativi risultano addirittura firmati quando il sindaco si trovava all'estero; e se si trovava all'estero non poteva evidentemente trovarsi in Campidoglio a firmare i giustificativi".

"Marino ha precisato con fermezza - ha continuato il legale - e ha dimostrato con argomentazioni assolutamente convincenti di non avere mai fatto uso di denaro pubblico se non per i fini istituzionali consentiti ed anzi di avere donato al Comune di Roma, per tutto l'anno 2014, il 10% della propria indennità di sindaco. Ha poi rivendicato con il giusto orgoglio - ha proseguito la nota dell'avvocato Musco - il merito di essere riuscito a ottenere donazioni private a favore del Comune di Roma per oltre 10 milioni di euro e di avere intrapreso opere importantissime per l'immagine della città come, a titolo esemplificativo, la riedificazione delle colonne del Foro di Traiano".

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