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Carnevale

Dagli scherzi telefonici alle pernacchie, quando la burla finisce in Tribunale

09 febbraio 2016 | 09.23
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Martedì grasso. Ultimo giorno di carnevale . Ma ogni scherzo vale, davvero? Non proprio. E, a proposito di scherzi, ecco una serie di pronunciamenti di giudici, dalle Corti di merito fino alla Cassazione, che si sono occupati di una serie di goliardate non sempre finite nel migliore dei modi, determinando invece responsabilità civili o anche penali.

Secondo quanto riportato dal sito 'Studio Cataldi', ad esempio, gli scherzi telefonici nel bel mezzo della notte possono essere oggetto di condanna: un giovane siciliano è stato infatti condannato in Cassazione (sentenza n. 25772/2014) per il reato di minaccia per aver telefonato in piena notte a casa di un amico, sussurrando: 'morirai entro sette giorni'. Per la Suprema Corte, anche se la chiamata era una bravata, era idonea comunque a intimidire la vittima e dunque a integrare il reato.

Questo perché il reato di minacce non richiede l'intimidazione effettiva della persona offesa ma è sufficiente che il male minacciato incida potenzialmente nella sfera della libertà psichica della vittima (Cassazione n. 47739/2008).

Attenzione anche a suonare un citofono a caso, per poi correre via. Può essere considerato reato perché, sempre per la Cassazione, chi interferisce sgradevolmente nella sfera privata altrui è passibile di una condanna per molestie (art. 660 del codice penale).

Infine, se fare pernacchie o linguacce veniva considerato da alcuni giudici una vera e propria ingiuria - e dunque un reato (Cassazione n. 48306/2009) - con l'entrata in vigore del 'Pacchetto depenalizzazione' del Governo è stato abrogato l'art. 594 del codice penale, trasformando l'ingiuria in illecito amministrativo.

Il testo del codice penale recitava in precedenza: "Chiunque offende l'onore o il decoro di una persona [...] è punito [c.p. 598] con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 516". Inoltre, "la pena è della reclusione fino a un anno o della multa fino a euro 1.032 se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato".

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