La 'extraordinary rendition' alle autorità egiziane di Osama Mustafa Hassan Nasr, meglio conosciuto come Abu Omar, rapito il 17 febbraio del 2003 a Milano, dove aveva ottenuto asilo politico, e i successivi sviluppi hanno violato i diritti umani dello stesso cittadino egiziano, membro della Jama'a al Islamiya, un movimento islamista considerato come terrorista dal governo egiziano. Lo ha stabilito all'unanimità la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo, secondo la quale nella vicenda sono stati violati quattro articoli della Convenzione Europea dei Diritti Umani (proibizione della tortura e di trattamenti degradanti; diritto alla liberà e alla sicurezza; diritto al rispetto della vita privata e familiare; diritto a una riparazione efficace).
Per la Corte, inoltre, "il principio legittimo del segreto di Stato è stato chiaramente applicato dall'esecutivo italiano per assicurare che i responsabili non dovessero rispondere delle loro azioni. Le indagini e il processo non hanno portato alla punizione dei responsabili, a cui in ultima analisi è stata garantita l'impunità". I ricorrenti sono lo stesso Abu Omar e la moglie, Nabila Ghali, entrambi cittadini egiziani.
Nasr ha iniziato un procedimento alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo il 6 agosto 2009. In base all'articolo 41 della Convenzione, la Corte ritiene che l'Italia debba pagare 70mila euro ad Abu Omar e 15mila euro alla moglie a titolo danni non pecuniari e 30mila ai ricorrenti in via congiunta, per rifondere costi e spese.
"Quella della Corte europea è una sentenza molto dura. Deve imporci una riflessione sull’uso del segreto di Stato, strumento legittimo e delicato" ha dichiarato Rosa Calipari, componente dem del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.