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Libia, famiglia Failla: "Lo Stato non lo ha tutelato nemmeno da morto"

09 marzo 2016 | 20.07
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L'ultima telefonata alla moglie: "Sono rimasto solo, ho bisogno d'aiuto" (Ascolta)

Nella foto, Salvatore Failla e Fausto Piano i due tecnici italiani uccisi in Libia
Nella foto, Salvatore Failla e Fausto Piano i due tecnici italiani uccisi in Libia

"Mio padre era una persona profondamente buona, non ci hanno aiutati a riportarlo a casa e a non farlo sfregiare". Lo ha detto Erica Failla, la figlia di Salvatore Failla, il tecnico italiano ucciso in Libia, nel corso di una conferenza stampa a Roma. "Ci hanno detto di stare zitte e non fare clamore, di non rispondere ai rapitori", ha aggiunto . "Lo Stato ha salvato mio padre? E' morto ed è ancora in mano ai libici, lo Stato non lo ha tutelato nemmeno dopo morto".

Risale al 13 ottobre l'ultima volta che la signora Rosalba, la moglie di Salvatore Failla ha sentito il marito al telefono. Nella conferenza è stata fatta sentire la conversazione: "Io sono rimasto da solo e ho bisogno di cure mediche, ho bisogno di aiuto. Parla con giornali e tv, vedi di muovere tutto quello che puoi muovere", dice Failla al telefono (Ascolta).

Da quel giorno, ha spiegato, "mi è stato detto di non prendere più il telefono, farlo squillare e non rispondere e informare chi dovevo informare comunque. Mentre nell'ultima telefonata di due mesi fa forse, io ho risposto perché avevo la tentazione di rispondere, magari mi passavano mio marito, ma mi hanno staccato il telefono".

In quella conversazione telefonica avuta con il marito, ha ricostruito la moglie di Failla, "secondo me Salvo mi chiedeva aiuto, perché la sua voce era molto sofferente. Io mio marito lo conosco, sentivo che soffriva, loro dicevano di no...". Uno dei sequestratori, ha aggiunto, "si sforzava di parlare italiano".

"Abbiamo fatto venire apposta i due nostri consulenti medici legali perché alla luce di quello che è stato detto anche stamattina dal ministro degli Esteri di Tripoli, che si trattava di un colpo alla nuca che sicuramente l'autopsia avrebbe rivelato, abbiamo immediatamente temuto che le rassicurazioni che avevamo avuto circa l'appello forte che la signora aveva fatto di non eseguire l'autopsia in Libia non fosse stato raccolto. Poi ci hanno detto che si trattava di un'ispezione esterna. Alla fine è venuta fuori la drammatica verità che si è trattato di un'autopsia vera e propria", ha detto l'avvocato della famiglia.

"Mi dicono i due medici legali che addirittura lavare un corpo in quelle condizioni comporta l'impossibilità di accertare - ha aggiunto la vedova-, oltretutto da notizie che abbiamo ricevuto dalle agenzie pare che abbiano prelevato anche i proiettili e noi non volevamo che si facesse". "I funerali di Stato non mi interessano - ha commentato la moglie -. Dov'è lo Stato?".

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