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Mafia, ricerche Messina Denaro: cinque arresti, in carcere anche imprenditore antiracket

30 marzo 2016 | 07.14
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Nel quadro delle attività investigative finalizzate alla ricerca del boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro e al depotenziamento del sistema economico-imprenditoriale riconducibile a Cosa Nostra trapanese che vede a capo il latitante, all'alba di oggi i militari della Compagnia di Alcamo e del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Trapani hanno arrestato cinque persone.

Le ordinanze hanno colpito "il capo della famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo e altri quattro affiliati, tra cui alcuni imprenditori", dicono i Carabinieri, per le ipotesi di associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione aggravata, danneggiamento aggravato, fittizia intestazione aggravata, frode nelle pubbliche forniture e furto. I dettagli sanno resi noti durante la conferenza stampa che si terrà oggi alle ore 11 presso il Tribunale di Palermo.

E nella rete dei magistrati cade anche un altro simbolo dell'antimafia. C'è anche un imprenditore antiracket tra i cinque arrestati all'alba di oggi. In carcere è finito Vincenzo Artale, che nel 2006 aveva denunciato di essere stato vittima del pizzo. Ma, secondo quanto hanno accertato gli investigatori, il simbolo dell'antiracket di Alcamo avrebbe fatto affari con i boss della zona, vicini a Matteo Messina Denaro. L'accusa è di tentata estorsione, aggravata dal favoreggiamento a Cosa nostra. L'inchiesta, condotta dai Carabinieri del Comando provinciale di Trapani diretto dal colonnello Stefano Russo, ha evidenziato che il clan capeggiato da Mariano Saracino, il nuovo capo della famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo, "favoriva l'imprenditore antiracket". L'indagine, coordinata dalla Dda di Palermo ha anche svelato come alcuni imprenditori, con pressioni ed intimidazioni, venivano costretti a rifornirsi di cemento dall'imprenditore, che poi si è aggiudicato le forniture più importanti.

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