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Roberta Ragusa, Cassazione: "Rivedere posizione del marito, non è emersa la sua innocenza"

21 aprile 2016 | 18.02
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Roberta Ragusa
Roberta Ragusa

La Cassazione ha annullato il proscioglimento nei confronti Antonio Logli, il marito di Roberta Ragusa, la 45enne scomparsa dalla sua abitazione di Gello, alla periferia di Pisa, la notte del 13 gennaio 2012, perché dagli atti non è emersa "in modo evidente l'innocenza dell'imputato" ed è "del tutto carente e illogica la motivazione che sottrae il Logli al vaglio dibattimentale in ordine ai reati contestatigli". In particolare, i giudici della Prima sezione penale, lo scorso 17 marzo hanno accolto la tesi del procuratore generale presso il Tribunale di Pisa, disponendo che il caso torni al vaglio del gup che dovrà decidere se rinviare a giudizio Logli che si è sempre dichiarato innocente dall’accusa di omicidio e di soppressione di cadavere.

Secondo i giudici della Cassazione ci sono elementi nelle indagini che devono essere ancora analizzati dal giudice. Nel dettaglio, gli 'ermellini' denunciano una serie di "errori metodologici" nei quali è incappato il gup di Pisa nel marzo 2015 "non avendo provveduto, al fine della verifica dell'idoneità dell'accusa, a una disamina globale ed unitaria degli indizi stessi". La decisione del gup, denuncia la Suprema Corte, "contiene un'analisi parcellizzata e atomistica delle dichiarazioni delle persone informate sui fatti, rilevandone contraddizioni interne e inidoneità probatorie, senza però porle a confronto tra loro e con tutti gli altri elementi del compendio indiziario".

Un esempio su tutti. La Cassazione sottolinea che non è stato dato "il dovuto risalto al fatto, di indubbio valore indiziante, dell'intimazione del Logli alla propria amante di eliminare ogni traccia telefonica dei loro contatti, di cui vari avvenuti nella fase immediatamente antecedente alla scomparsa della Ragusa (avendo egli provveduto a cancellare le relative mail). Ovvero alla circostanza - chiarisce piazza Cavour - dell'essersi il Logli recato presso la casa dei coniugi Gozi due volte il giorno successivo ai fatti, per sapere se avessero 'visto o sentito qualcosa di strano', addirittura, come riferito dalla suocera di Gozi, volgendo lo sguardo, attraverso la rete di recinzione della casa per verificare il punto di osservazione".

La Suprema Corte, in definitiva, parla di "errore metodologico che porta a qualificare come 'risultanze testimoniali' quelle che sono risultanze informative e a parlare di 'prova sufficiente' dell'omicidio quando invece era richiesto al giudice di pronunciarsi non sulla responsabilità dell'imputato, ma sulla sufficienza, sul piano processuale, del compendio descritto a legittimare il rinvio a giudizio". La vicenda tornerà dunque al vaglio del Tribunale di Pisa "per un nuovo esame sulla richiesta di rinvio a giudizio" per Logli "formulata dal pm, nel rispetto dei principi enunciati" dalla Cassazione.

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