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Uccise la moglie a coltellate nel 2014, ora chiede uno sconto di pena

25 aprile 2016 | 16.44
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(Fotogramma)
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Inizierà mercoledì prossimo davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Perugia il processo di secondo grado a Franco Sorgenti, il 68enne che nel 2014 uccise la moglie Laura Livi con 11 coltellate. L’uomo è stato condannato a 18 anni di reclusione con rito abbreviato e adesso i suoi legali chiedono uno sconto di pena. L’omicidio avvenne nella notte tra il 28 e il 29 ottobre del 2014. L’uomo uccise la moglie al culmine di un diverbio: i due si stavano separando, dopo che da anni il matrimonio era giunto ormai al capolinea.

Laura aveva voluto con tutte le forze quell’uomo tanto più grande di lei: tra di loro c’erano 32 anni di differenza, si erano conosciuti quando lei era ancora giovanissima, e per lui Laura si era messa anche contro la sua famiglia, che inizialmente aveva osteggiato il rapporto. Alla fine aveva sposato il suo Franco, e, quando già avevano avuto la prima figlia, anche i familiari della donna si erano arresi e avevano accettato quell'amore.

Ma quella notte dell’ottobre 2014 Franco smise di essere il marito protettivo che si era messo contro mezzo mondo per la sua Laura e indossò invece i panni del marito geloso, che forse non accetta la fine del suo matrimonio e che, durante un’accesa lite, prende un coltello e uccide la moglie. Sorgenti poi andò subito a consegnarsi alle forze dell’ordine: dopo aver ucciso la moglie, e aver chiuso le figlie che dormivano nella loro stanza da letto, andò direttamente in carcere.

Franco e Laura erano andati a vivere nella casa che poi è diventata la tomba di lei solo due anni prima, quando cioè avevano saputo dell’arrivo della seconda figlia. Ma quello che doveva essere il loro nido d'amore, era diventato per Laura una prigione. La separazione infatti si stava facendo sempre più vicina e concreta e Franco quella sera ha deciso che Laura non poteva non essere sua. Meglio morta.

La giovane vita della donna, che avrebbe compiuto 38 anni il 21 aprile scorso, era stata d'altra parte praticamente consacrata a lui: si erano conosciuti che lei era poco più che adolescente e tra loro era subito iniziato qualcosa. Un amore osteggiato da tutti, ma anche tanto difeso e alimentato. Che però, alla fine, non è bastato.

Nel processo con rito abbreviato il giudice Massimo Zanetti aveva riconosciuto il pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva di 100mila euro a ciascuna figlia e 30mila ad ogni parente di Laura. Inoltre, 5mila euro erano state indirizzate anche al Comune di Terni e alle associazioni Terni Donne e Libera...mente Donna.

E proprio queste associazioni, adesso, in un appello, spiegano: "Ci siamo costituite parte civile per chiedere libertà e giustizia per tutte le donne e invitiamo tutti i cittadini e le cittadine a condividere questo messaggio per dimostrare solidarietà alla famiglia di Laura e alle sue figlie, per chiedere che venga fatta giustizia, per ricordare che solo una vera alleanza tra tutte le istituzioni del territorio, a partire dalla scuola fino ad arrivare ai tribunali, può mettere fine a questa tragedia. Il femminicidio non è mai un raptus di follia: è l'atto finale e consapevole dell'esercizio di potere che l’uomo e la società esercitano sulla donna, ancor più subdolo poiché si verifica nell’ambito di una relazione sentimentale in cui non viene riconosciuta la dignità di persona, facendola oggetto di violenza, fino alla morte".

"Sentiamo - scrivono nella nota - il vuoto lasciato da Laura come quello lasciato da troppe altre donne vittime della violenza degli uomini. Il contrasto alla violenza è un processo culturale che si basa e si attiva attraverso prevenzione e informazione e grazie a una nuova cultura del femminile e del maschile, di rispetto e valorizzazione della diversità. L’intera collettività deve sentirsi responsabile per l’eliminazione di quella cultura e della concezione distorta delle relazioni che ancora oggi minano l’autodeterminazione, la libertà e finanche la vita delle donne".

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