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Yara, il pm: "Bossetti è il colpevole, il Dna lo inchioda"

13 maggio 2016 | 10.43
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Yara Gambirasio ritratta con i fratellini (Fotogramma)
Yara Gambirasio ritratta con i fratellini (Fotogramma)

Massimo Bossetti è l'autore dell'omicidio di Yara Gambirasio , la 13enne di Brembate di Sopra scomparsa il 26 novembre 2010. Non è "un colpevole a tutti i costi", ma è l'uomo che ha colpito più volte l'adolescente prima di lasciarla agonizzante nel campo di Chignolo d'Isola. A inchiodarlo è il suo Dna, il cui risultato "non può essere messo in crisi". Senza quella traccia biologica, Bossetti "non lo avremmo mai trovato". Non bastano sette ore al pm di Bergamo, Letizia Ruggeri, per chiedere il massimo della pena per il muratore in carcere da quasi due anni. Farà la sua richiesta nella prossima udienza, in calendario il 18 maggio.

Il match tra i due Dna arriva al termine di un'indagine "faticosa", una corrispondenza tra la traccia di Ignoto 1 - trovata sugli slip e i leggings della vittima - e Bossetti che arriva per gradi: prima risalendo al padre, l'autista Giuseppe Guerinoni di cui è stato necessario riesumare la salma, poi attraverso la madre Ester Arzuffi. E stato necessario consultare il registro dell'anagrafe e non solo per arrivare a quel figlio illegittimo. La traccia biologica "è stata il faro" della procura: i due Dna combaciano, impossibile "in questo mondo" trovare una corrispondenza simile.

La bontà del percorso scientifico è dato dal fatto che si arriva "non a un pastore sardo, a un cercatore di tartufi piemontese o peggio ancora a un immigrato, ma a un muratore bergamasco. Non sapevamo assolutamente chi fosse, non era un sospettato, il suo Dna non era mai stato raccolto e ciò sgombra il campo dall'idea di voler trovare a tutti i costi un colpevole", sottolinea il pm. Tutto combacia: Bossetti "è nato e cresciuto in queste zone, lavora nel campo dell'edilizia", il che spiega la polvere di calce trovata sugli indumenti della vittima, "è nato a Clusone, è stato residente a Brembate con lavori sempre svolti in zona".

Il pm Ruggeri non risparmia i dettagli per descrivere un'indagine che "non ha pari in Italia e nel mondo": oltre 118mila utenze di cui sono stati acquisiti i tabulati, più di 25mila profili genetici acquisti da polizia scientifica e Ris, ricerche ininterrotte per tre mesi fino al ritrovamento del corpo senza vita che elimina ogni pista alternativa e segna una svolta nell'indagine.

E da quel cadavere che l'accusa parte per dare un nome all'uomo che, con un "corpo contundente" ha colpito tre volte al capo la vittima e con "una lama liscia e tagliente" infierisce più volte sul suo corpo, in un eccesso di crudeltà - "erano eccessive allo scopo di uccidere" le lesioni - che procurano a Yara "un'agonia che non possiamo misurare, un cessare lento della funzione cardiaca". La 13enne, al freddo e al buio, muore in quel campo isolato per una concausa di eventi, non solo per le lesioni "tantissime, dolorose, ma non mortali", ma anche per l'ipotermia.

Un decesso che arriva "poche ore dopo la scomparsa", e che per l'accusa avviene proprio in quel luogo isolato, come dimostra il terriccio trovato sulle scarpe, o l'erba che Yara stringe in una mano. Nulla nella vita di Yara, una ragazza "assolutamente trasparente e limpida", aiuta a indirizzare l'inchiesta. "All'inizio ci siamo spaccati la lista", ammette il pm che ricorda testimonianza e intercettazioni che non risparmiano amici e familiari della vittima.

E quindi la traccia biologica il perno di questa inchiesta che scatena, durante l'intero dibattimento, una battaglia dura tra accusa e difesa, sulla differenza tra Dna nucleare e Dna mitocondriale che impegna più di un esperto. Per l'accusa l'unico Dna che ha valore forense è quello nucleare e il fatto che nella traccia 'principe' analizzata non sia stato trovato il Dna mitocondriale di Bossetti "non vuol dire che non ci sia. L'unico Dna che ha capacità identificative è quello nucleare, non è consigliabile fare la comparazione di quello mitocondriale in una traccia mista".

Per il pm Ruggeri, "non è vi è modo di mettere in crisi il risultato genetico": Ignoto 1 è Bossetti e quelle presunte "anomalie" sul Dna mitocondriale restano sullo sfondo e "non inficiano" quella traccia principale (catalogata come 31G20, ndr) "positiva al sangue". Impossibile però, ammette l'accusa, dire se quel sangue è di Yara e Bossetti. Escluso del tutto, invece, il movente sessuale.

Al muratore bergamasco, ripete in più riprese l'accusa, si arriva con un immane sforzo investigativo che va dall'elenco dei clienti della discoteca a 300 metri dal luogo del ritrovamento, ai 3.400 frequentatori della palestra di Brembate da cui si perdono le tracce della giovane ginnasta, fino ai 78 contatti telefonici della rubrica della 13enne. Non si parte dunque dal nome di un colpevole qualunque, ma si arriva a un nome su cui il pm non ha dubbi.

La ricostruzione del 26 novembre 2010, giorno della scomparsa di Yara, mostra che Bossetti non ha un alibi. Non ricorda cosa è successo in particolare in quel giorno, "non sa spiegare perché il suo Dna si trova sugli indumenti della vittima", tutte le testimonianze lo tradiscono e sa solo accusare un suo ex collega; accuse che gli costano il reato di calunnia e che aggravano la sua posizione, spiega il pm Ruggeri.

Dal cellulare di Bossetti emerge che quel pomeriggio non era a lavoro in cantiere e il giorno del suo arresto, nel giugno 2014, "ci sono riscontri a un tentativo di fuga all'arrivo degli investigatori". Nessun dubbio, per l'accusa, che abbia provato a scappare "consapevole delle sue responsabilità".

Soddisfatta la parte civile della requisitoria del pm Ruggeri, resta sulle sue posizioni la difesa che contesta le parole usate dall'accusa sulla validità del Dna mitocondriale. Bossetti che per l'intera udienza ha ascoltato impietrito l'accusa è pronto, mercoledì 18 maggio, a sentire pronunciare contro di lui - accusato di omicidio pluriaggravato - la richiesta di ergastolo.

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