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Farmaci: Epac, ormai è possibile trattare tutti i malati di epatite C

14 giugno 2016 | 11.05
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Trattare tutti le persone colpite dal virus dell'epatite C. E' la parola d'ordine degli esperti e dell'associazione pazienti che, a quasi due anni dalla disponibilità dei nuovi super-farmaci nel nostro Paese, si riuniscono domani a Napoli al Convegno nazionale organizzato da Epac onlus sul tema 'L'offerta dei farmaci innovativi a tutti i pazienti con epatite C: limitare l'accesso è l'unica soluzione?'. La risposta, per Epac onlus, è negativa. I nuovi farmaci ad azione antivirale diretta sono in grado di modificare radicalmente la storia naturale dell'epatite C con la possibilità di guarigione di oltre il 95%.

Ma l'accesso a questi trattamenti è attualmente "calmierato", in quanto ad oggi possono beneficiarne solo alcune categorie di pazienti individuate da Aifa che ha dato precedenza ai pazienti più gravi, basandosi quindi su un principio di urgenza della cura. "Tutti i giorni riceviamo proteste da parte di pazienti esclusi dall'accesso dai farmaci innovativi. L'analisi attenta dei dati diffusi dall'Agenzia del farmaco rivela che la fase di emergenza è terminata e i tempi sono maturi per eliminare gli attuali criteri di accesso, sostituendoli con linee guida basate sull'urgenza clinica e sociale che consentano una programmazione terapeutica gestita dal medico specialista, per restituire maggiore serenità ai pazienti e alle loro famiglie", afferma Ivan Gardini, presidente di Epac Onlus.

Ad oggi, prosegue l'associazione, in Italia sono stati curati oltre 48.000 pazienti, di questi oltre 6.000 solo in Campania in 25 centri di competenza autorizzati.

Non bisogna guardare all'infezione da virus C come un qualcosa che colpisce solo il fegato: "Deve essere considerata come una malattia sistemica a tutti gli effetti che, ad esempio, può interessare il sistema endocrino e immune, il sistema nervoso centrale, l'apparato cardiovascolare - afferma Nicola Caporaso, direttore dell'Uoc di Gastroenterologia ed Epatologia e della Scuola di specializzazione in Gastroenterologia dell'Università degli Studi di Napoli Federico II – Eliminare l'infezione significa modificare in senso positivo anche l'evoluzione delle malattie associate che una volta costituivano controindicazioni al trattamento con interferone e oggi, invece, devono essere considerate opportunità aggiuntive. Eliminare il virus significa eliminare non solo l'infezione, ma anche ridurre la mortalità per molte altre cause".

L'Associazione americana per lo studio del fegato (Aasld) recentemente ha modificato le linee guida per la cura dell'epatite cronica C con i nuovi antivirali raccomandando il trattamento per Hcv a tutti i pazienti, sulla scorta degli evidenti benefici dell'eradicazione virale anche nei pazienti con malattia lieve.

"Il trattamento precoce è fondamentale perché consente la guarigione definitiva dalla malattia in un paziente che è molto diverso rispetto a un paziente in fase avanzata dove il virus ha già provocato dei danni clinici severi e che, quindi, va seguito e monitorato anche in seguito alla terapia. Curare un paziente precocemente significa, inoltre, generare un grosso vantaggio sociale non solo in termini di salute pubblica, ma anche in termini economici in quanto sono pazienti che escono definitivamente dalla scena dell'assistenza sanitaria. Un decisore attento e oculato dovrebbe tenere ben presente questo aspetto", afferma Giovanni Battista Gaeta, ordinario di Malattie infettive alla Seconda Università degli Studi di Napoli.

"Attualmente l'Aifa ha stabilito una priorità di trattamento per i pazienti più gravi. Ora i criteri di emergenza si stanno esaurendo: la maggioranza dei pazienti con malattia avanzata è stata trattata - afferma Antonio Ascione, specialista in Malattie del fegato e del ricambio, responsabile del Centro per le malattie del fegato dell'Ospedale Fatebenefratelli di Napoli - Bisogna superare il criterio della rimborsabilità in rapporto all'entità della fibrosi, anche perché è un limite artificiale che non tiene conto di tante esigenze come, ad esempio, le donne in età fertile che desiderano avere un bimbo e hanno paura di infettarlo. La sfida principale oggi, con farmaci così attivi a disposizione, è di impedire che le persone affette da epatite C sviluppino una malattia grave come la cirrosi epatica. Questo obiettivo è oggi a portata di mano. Basta fare una saggia pianificazione".

"Esistono categorie particolari di pazienti, come i co-infetti Hiv-Hcv. In Italia siamo in presenza di un problema reale: su circa 100.000 persone con Hiv (in trattamento), circa il 35% ha una co-infezione da Hcv - afferma Antonio Chirianni, direttore Dipartimento di Malattie infettive, Azienda dei Colli Monaldi, Cotugno, Cto - Una grossa fetta di questa popolazione si trova in uno stadio di malattia non molto avanzata e, quindi, al momento sono esclusi dal trattamento Hcv. In realtà dovrebbero essere inclusi tra i pazienti con priorità di trattamento per varie ragioni: in primo luogo in questa fascia di popolazione l'Hcv si aggrava più rapidamente; hanno una maggiore probabilità di trasmettere la malattia. Infine, si tratta di pazienti costantemente seguiti e monitorati, che i medici conoscono molto bene, quindi in questo gruppo si potrebbe più facilmente eradicare".

"Le nostre richieste, inviate alla Commissione tecnica scientifica di Aifa già nel novembre 2015 e ancora a marzo 2016, si propongono di eliminare le limitazioni di accesso e introdurre linee guida di prioritizzazione, entro le quali i clinici hanno tutto il diritto e il dovere di scegliere in autonomia casi particolari di pazienti da curare subito. Così sarebbe fortemente ridimensionata la corsa all'acquisto del farmaco generico in India o Egitto da parte dei pazienti esclusi, un fenomeno controverso e in costante crescita", conclude Gardini.

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