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Tintarella d'estate anche grazie a stelle e buchi neri. Non solo il Sole ci fa abbronzare

13 agosto 2016 | 15.17
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Foto ICRAR/DAN HUTTON dal sito Asi
Foto ICRAR/DAN HUTTON dal sito Asi

Non sono solo i raggi del Sole a farci abbronzare. La nostra tintarella d'estate è davvero extragalattica, viene da lontano e arriva anche da stelle e buchi neri. A riferirlo è l'Agenzia Spaziale Italiana sottolineando che "una piccola parte dei fotoni che ogni secondo si scontrano con la nostra pelle non arriva dalla nostra stella". Una minuscola frazione di essi ha "viaggiato attraverso l'Universo per miliardi di anni prima di raggiungerci e concludere la propria esistenza su di noi" riporta l'Asi che sul suo sito pubblica i risultati di un nuovo studio scientifico appena pubblicato sulla rivista Astrophysical Journal.

"Per essere precisi, 10 miliardi di fotoni al secondo, pari a un centesimo di miliardo della nostra abbronzatura, proviene da fonti extragalattiche e la metà arriva nientemeno che da buchi neri. Insomma, non solo siamo immersi nell'Universo, ma ce l'abbiamo addirittura sulla pelle" evidenziano gli scienziati.

Gli autori della ricerca hanno misurato per la prima volta con estrema precisione le lunghezze d'onda dei fotoni che colpiscono la Terra prestando particolare attenzione a quelli provenienti dall'esterno della Via Lattea. La maggior parte della luce che ci colpisce proviene dal Sole. Ci raggiunge in modo diretto, diffondendosi attraverso il cielo, o indirettamente, riflessa dalla polvere dispersa nel sistema solare.

Allo stesso tempo, spiega la ricerca riportata dall'Agenzia Spaziale Italiana, siamo inondati da radiazione che ha origine ben oltre la nostra galassia. Gli astronomi la chiamano luce extra-galattica di fondo. Ne siamo 'bombardati' costantemente, giorno e notte. I fotoni che la costituiscono nascono da nuclei di stelle di galassie lontane e dalla materia che viene risucchiata dai buchi neri supermassivi.

Il team guidato da Simon Driver, astrofisico dell'International Centre for Radio Astronomy Research (Icrar) ha realizzato la misurazione più accurata di sempre di questa radiazione in diverse lunghezze d'onda, che variano dalla frazione di un micron ad alcuni millimetri, combinando immagini prodotte da una 'flotta' di telescopi spaziali, tra cui Hubble, Herschel, Wise e Spitzer. Se 10 miliardi di fotoni al secondo ci sembrano un numero enorme e pericoloso, Driver rassicura: "non basterebbero migliaia di miliardi di anni affinché l'esposizione a cui siamo sottoposti ci procuri un qualche tipo di danno".

In questo senso, prosegue la ricerca riferita dall'Asi, è l'Universo stesso a darci una mano, attivando un primo filtro protettivo. "Circa la metà della luce ultravioletta che viaggia nel Cosmo - spiega Rogier Windhorst della Arizona State University, co-autore dello studio - è convertita durante il tragitto in lunghezze d'onda meno dannose".

"Le galassie stesse ci forniscono un crema solare naturale con fattore di protezione 2" ha detto. Quindi nessun allarme: per proteggersi dei raggi extra valgono le solite raccomandazioni che ogni giorno ci ricordano giornali e tv: evitare le ore più calde e applicare una buona crema solare. E allora rilassiamoci, sdraiamoci al sole come sempre e prendiamoci la nostra bella tintarella... extragalattica.

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