"Non chiamateli 'baby-kamikaze'". Appello ai media da parte di Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia. I minori utilizzati sempre più spesso per compiere attentati terroristici "sono bambini e bambine costretti a farsi saltare in aria da uomini senza scrupoli con un telecomando in mano", dice all'Adnkronos Iacomini. "E così dovrebbero essere definiti dagli organi di informazione. Quello che manca, in questi casi -spiega- sono la consapevolezza e la convinzione di compiere gli attentati. Si tratta quasi sempre di bambini rapiti alle famiglie di origine e consegnati alle organizzazioni terroristiche".
Il fenomeno dei minori utilizzati per compiere attentati "è emerso già da un paio d'anni e ultimamente va diffondendosi. I casi più eclatanti ci sono stati in Nigeria, dove Boko Haram costringe spesso le bambine a compiere gli attacchi, ma sono stati registrati casi del genere anche in Siria e nello Yemen. Sono bimbi indotti all'azione terroristica sotto l'effetto di droghe o in conseguenza di pressioni psicologiche e minacce. Per questo motivo -conclude- non è il caso di etichettarli. Chiamarli baby-kamikaze è un'offesa per loro e per le loro famiglie".