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Terremoto: la paura di non poter scappare, l'appello dei Caregiver familiari

26 agosto 2016 | 15.50
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Terremoto: la paura di non poter scappare, l'appello dei Caregiver familiari

Prevedere una formazione specifica per le persone addette al soccorso delle famiglie con disabilità, oltre a esercitazioni e simulazioni presso le loro abitazioni, e favorire l'assegnazione delle case popolari al piano terra alle persone con disabilità. E' l'appello lanciato alle istituzioni dal presidente del Coordinamento nazionale famiglie disabili gravi e gravissime, Simona Bellini a pochi giorni dal terremoto che ha devastato l'Italia centrale.

Simona la notte del sisma si trovava con la sua famiglia a Cornillo Nuovo, un piccolo centro a 5 km da Amatrice. La figlia Letizia è gravemente disabile e il marito Salvatore ha anche lui una disabilità motoria. Ricordi frammentari, senso di angoscia ma, soprattutto, la paura di non farcela e il pensiero a chi, nella medesima situazione familiare vive in condizioni abitative estremamente più complesse e rischiose.

''Fino alla sera successiva al sisma -ricorda Simona Bellini all'Adnkronos- non ricordavo nulla di quanto era accaduto. Ricordavo solo di aver chiuso la riunione del direttivo del coordinamento intorno all'una di notte (le facciamo via chat con facebook ed ero già a letto con Letizia e digitavo da lì), mi sono addormentata... Poi, il caos del risveglio''.

I ricordi sono confusi ma con il passare del tempo affiorano più nitidi e il dolore aumenta, perchè ''tanti amici di lì non ce l'hanno fatta. All'inizio -racconta ancora Simona- non ricordavo nulla, mi sono ritrovata in macchina con Letizia. Ieri ho parlato con lo psicologo del Coordinamento che mi ha rasserenata un pò sulle mie emozioni delle quali avevo perso un po' il controllo. Ho ricordato che Letizia si è svegliata subito, e che l'ho presa per le gambe per trascinarla fuori dal letto, poi si è sforzata di camminare con il mio aiuto fino alla macchina. Ci ha salvati il fatto di essere al piano terra in una casa per noi 'facile': così non è stato troppo faticoso uscire e arrivare all'auto mentre Salvatore pensava ad aprirci la porta, prendere le chiavi, chiudere il gas. Vederlo barcollare con tutte le sue difficoltà mentre faceva tutto ciò che ci eravamo detti solo tre giorni prima, mi ha commosso. Però il mio pensiero centrale era Letizia''.

Ora Simona si sente una miracolata. ''Ora mi sento un po' meglio -prosegue Simona- ma vedere il mio paese sconvolto, i luoghi della mia infanzia e dei miei ricordi distrutti, il patrimonio storico architettonico imploso ma, soprattutto, le notizie sulle vittime, praticamente tutte conosciute, mi stravolge. So solo -afferma- che se il sisma ci avesse sorpreso in una casa di tipo diverso mi sarei stesa accanto a mia figlia e avrei atteso la morte''.

Per questo rivolge ora con forza il suo appello alle istituzioni perchè si preveda una formazione specifica per le persone addette al soccorso delle famiglie con disabilità, oltre a esercitazioni e simulazioni presso le loro abitazioni e che si favorisce l'assegnazione delle case popolari al piano terra alle persone con disabilità.

''Rientrata a Roma, -racconta ancora Simona- ho sentito Chiara (un'altra mamma del Coordinamento che abita al 14° piano di una casa popolare a Roma con il figlio gravemente disabile immobilizzato a letto) mi ha raccontato che la sera del terremoto la sua casa ha ondeggiato spaventosamente con i quadri che cadevano dalle pareti, lei non si è potuta muovere. Mi ha detto sentivo i vicini scappare per le scale ma mio figlio non è in grado di fare nessun movimento autonomo. Mi sono stesa accanto a lui, l'ho abbracciato e stretto pensando che qualsiasi cosa fosse accaduto saremmo restati insieme. Ecco -conclude Simona- ho pensato anche a lei, da sola al 14° piano non potrebbe fare nulla''.

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